L'«approdo» dell'ermetico Ungaretti ha saputo ridare voce alla modernità
sabato 31 marzo 2012
Riflettere su Giuseppe Ungaretti è come riflettere sul destino della poesia moderna. L'occasione e l'invito vengono ora offerti dal libro (Salerno editore) che Antonio Saccone ha dedicato al nostro più esemplare poeta novecentesco, il più rivoluzionario e il piùcontagioso. Nella sua premessa Saccone individua subito i due poli dell'opera di Ungaretti in un «instancabile nomadismo» e nel suo esito che «è di frequente un naufragio». Segue in tre righe una perfetta definizione di questa vicenda letteraria: «Partito dalla consapevolezza dell'afasia a cui la modernità ha ridotto la parola poetica, Ungaretti ne ha scavato la nudità abissale per trarne il grado massimo di essenzialità e vibrazione semantica».Perciò (e questo va ricordato) l'autore del Sentimento del tempo, libro che fonda l'Ermetismo, «non ha mai eluso il confronto con la novità del presente. Il suo non è un ritorno all'ordine», quanto piuttosto «una classicità del moderno»: ciò che accomuna Ungaretti ad altri classici della poesia del Novecento, più anziani o più giovani, come Rilke, Valéry, Eliot, Williams, Benn, Mandel'štam, fino a un neoclassico già postmoderno come Auden.Sebbene la sua poetica lo portasse a considerare intraducibile la poesia, Ungaretti ha sfidato ogni difficoltà traducendo i suoi amati Góngora, Blake, Mallarmé, di cui apprezzava soprattutto la straordinaria energia innovatrice che ritrova una perfezione formale solo dopo averla spezzata. La fissione dei nuclei di linguaggio doveva sprigionare secondo Ungaretti un'energia inusitata. Il paradosso vitale di un tale poeta (paradosso esemplare in tutta l'arte moderna) è che l'essenzialità che dovrebbe moltiplicare i poteri comunicativi della poesia, può renderla invece abbagliante, misteriosa per eccesso di luce. Il titolo generale di tutta l'opera di Ungaretti, Vita di un uomo, propone un'idea di umanità che supera ogni umanesimo ereditato per protendersi rischiosamente verso l'assoluto e il futuro. In questo senso, aveva ragione il poeta a vantarsi di essere giovane anche a ottant'anni.
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