mercoledì 26 novembre 2008
Ciascuno di noi ha nella memoria e nel cuore una propria immagine di Giovanni Paolo II, il Papa amatissimo che parlava alle folle ma interpellava a una a una le persone che, nella folla, lo vedevano e lo ascoltavano. Un Papa che "bucava il video", e che per questo era diventato gradito ospite nelle nostre case. Per i giovani, poi, Giovanni Paolo II è il Papa per antonomasia: infatti, in ventisette anni di pontificato, Karol Wojtyla, ha accompagnato l'infanzia, l'adolescenza e la giovinezza di chi è nato dal 1978 in poi, e adesso si sta abituando a un altro Papa che al predecessore fedelmente si richiama secondo il suo diverso, altrettanto personalissimo, stile.
Siccome anche i vaticanisti hanno un cuore, fortissimo è stato l'impatto del carisma di Giovanni Paolo II sui giornalisti che hanno avuto l'invidiato privilegio vederlo da vicino, di seguirlo nei suoi viaggi, di divulgare il contenuto spesso dirompente del suo magistero. Inevitabile e comprensibile che ne siano rimasti affascinati, e infatti Giovanni Paolo II è sempre stato benvoluto o almeno rispettato dai mass media, anche da quelli meno sensibili alle tematiche religiose.
Figuriamoci, poi, se il giornalista è credente, e quindi in perfetta sintonia con il personaggio di cui deve raccontare le gesta. Uno di questi giornalisti è Aldo Maria Valli, dal 1996 vaticanista del Tg3, e attualmente del Tg1. Il suo stile misurato, la serenità riflessiva della sua fisionomia, si fanno apprezzare dal telespettatore che sa riconoscere la correttezza nell'informazione religiosa.
Ma appunto perché credente, Aldo Maria Valli è rimasto toccato anche come uomo dal contatto con Giovanni Paolo II, del quale ha seguito i viaggi apostolici a partire da quello in Ungheria nel 1996. Ne è venuto un bel libro, significativamente intitolato Il mio Karol (Paoline, pp. 320, euro 24), in cui esperienza umana e competenza professionale sono con naturalezza intrecciate.
Come scrive Gianni Riotta, direttore del Tg1, nell'affettuosa prefazione, c'è sempre, nella prosa di Valli, «una certa meraviglia, un certo candore, una forma di stupore davanti al destino, provvidenza è la parola che lui preferisce, che lo ha scelto per assistere a una evangelizzazione che non ha pari nella storia. Come i discepoli a Emmaus». Questo "candore", insieme alla seria preparazione anche teologica, conferisce un timbro particolare alla sua scrittura: del resto, Valli ha dimestichezza con la carta stampata, essendosi fatte le ossa in «Avvenire» prima di approdare in Rai.
Il libro, di agevole lettura, è tuttavia solidamente strutturato. Si apre con la rievocazione della sera del 2 aprile 2005, quando, alle 21,40, il cuore del Papa si fermò e Valli dovette fare la telecronaca in diretta da piazza San Pietro, condividendo la palpitante commozione della gente. Pagine bellissime, di letteratura come vita. Nei successivi sette capitoli vengono delineati i principali temi del magistero wojtyliano, dalla promozione della vita umana al contributo al crollo delle ideologie, ai rapporti tra fede e ragione, alla lezione del dolore. Segue una sezione autobiografica in cui Valli ripercorre i suoi primi passi giornalistici mentre costruisce la sua meravigliosa famiglia con la moglie Serena " una filosofa che ha scelto di fare la moglie e la madre a pieno tempo " che gli ha dato sei figli. E poi, fino all'ultimo dei 44 capitoli, il resoconto partecipato dei viaggi, nei quali cronaca, magistero, costume e colore si innestano vicendevolmente.
In epigrafe del libro, Aldo Maria Valli riporta una frase di Paolo VI che Giovanni Paolo II aveva ripreso nella Redemptoris missio: «L'uomo contemporaneo crede più ai testimoni che ai maestri, più all'esperienza che alla dottrina, più alla vita e ai fatti che alle teorie». Il mio Karol, e ne ringraziamo Valli, è il resoconto di un testimone credibile.
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