mercoledì 22 luglio 2020
Adesso che la Juventus ha praticamente vinto lo scudetto - annunciando prima del match clou con la Lazio la conferma di Sarri, se permettete gesto da gran Signora - arrivano a frotte in suo soccorso i mitici opinionisti (e anche qualche giornalista) ad assicurare che sì, nove scudetti ci sono, ma nel prossimo campionato sarà un'altra squadra: convinceranno il Comandante a perseguire il gioco, anzi il Giuoco. Che barba che noia vincere così. Come Allegri. Aggiungo: come Trapattoni, come Lippi, come Capello, come Conte... Sì, che barba che noia... Non si sono accorti, gli “estetisti”, che abbiamo vinto noi, i “risultatisti” (e non fateli sparire, please, gli Adani, sennò con chi ci divertiamo?). E non hanno letto, i tikitakisti, guardiolisti, forse pronti a diventare rangnickisti, cos'ha scritto l'altro giorno Sacchi? L'Arrigo sta intelligentemente al vento e ha riconosciuto - lui che aveva caldeggiato l'ingaggio dell'intellettuale Giampaolo - la “modernità” di Pioli che ha cambiato il Milan da così a così. Pioli il Moderno, lo chiameremo (ma fatemi notare che il termine era molto in uso - grazie a Charlot - più d'ottant'anni fa...). E dunque, nel cielo della Juve, portato dagli angeli, è ricomparso per la trentaseiesima volta il mitico Verbo Bonipertiano: «Vincere è l'unica cosa che conta». Come ho avuto il piacere di notare giorni fa, ho colto al volo il cambiamento di Sarri - lui pure rinsavito - quando ha finalmente capito di non essere a Napoli, dove gli è stato consentito di creare una squadra bellissima, purtroppo non vincente, scoprendo e inventando valori ignoti (vedi per tutti Mertens) ma a Torino, dove accanto all'astro nascente Paulo Dybala hanno pensato bene di mettere la Superstar del secolo Cristiano Ronaldo. Eppoi, perché e da quando la Vittoria è una noia? Mi ha scritto un amico: «Perché molti critici italiani hanno esaltato l'ottavo scudetto consecutivo del Bayern, motore del calcio europeo, mentre li infastidisce il nono scudetto consecutivo della Juve?». Lascio la risposta - troppo pepata - al comune pensiero. E a tutti quelli che stanno già imponendo ai bianconeri la conquista della Champions quasi per legittimare l'ennesimo scudetto che a Torino da centoventitre anni è considerato il massimo trofeo. Dedico piuttosto ai miei amici una lettura elementare ma istruttiva dei perduranti successi juventini, dovuti sì a personaggi come Carcano e ai suoi già citati eredi ma soprattutto ai campioni. A parte l'apporto decisivo - come sempre - di Dybala, l'eroe del lunedí non è stato Carneade ma Cristiano Ronaldo, autore dei due gol che hanno abbattuto la Lazio e l'hanno portato a 30, come il miracoloso italianuzzo Ciro Immobile, il primo giocatore nella storia a segnare almeno 50 gol in Serie A, Liga (311) e Premier League (84), i campionati più importanti e difficili del mondo. (I francesi spaventati hanno abolito il Pallone d'Oro per non doverglielo dare...). Per semplificare il racconto della storia juventina che ho vissuto invito a leggerla sugli Album Panini delle Figurine che guarda caso hanno scelto come marchio/immagine la favolosa rovesciata del difensore juventino Carlo Parola. È una storia di campionissimi che ho conosciuto e ammirato, a partire proprio da Parola che dopo una mia critica quand'era allenatore della Juve provò a zittirmi dicendo «guardi che io sono alla Juve dal '39, quando lei è nato». Mi dava dello sbarbatello, insomma. Ma eccovi - in ordine alfabetico - alcuni juventini che mi hanno fatto scrivere migliaia di pagine...divertenti in tutti i giornali che ho frequentato. Non da “estetista” illuso ma da “risultatista” estasiato: Anastasi, Baggio, Bettega, Boninsegna, Boniperti, Buffon, Cabrini, Capello, Castano, Charles, Chiellini, Conte, Del Piero, Del Sol, Furino, Gentile, Haller, Ibrahimovic, Nedved, Parola, Platini, Rossi, Scirea, Sivori, Tardelli, Trezeguet, Vialli, Zidane, Zoff. Figurine? Figuroni!
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI