venerdì 16 marzo 2012
Il bello della Coppacampioni è che puoi seguirla - e divertirti - anche se la tua squadra non gioca o, peggio, gioca e perde. È il meglio del calcio, nonostante sia stata declassata a Champions League consentendone l'accesso a secondi e terzi. Il mio amico Enzo Ferrari sentenziava: «Il secondo è solo il primo degli ultimi». Concetto valido per la Formula Uno quanto per il calcio. Parlando di protagonisti - squadre, giocatori, allenatori - il dramma è non esserci. Anzi: mi pare sia l'evento calcistico massimamente decoubertiniano cui è importante, fondamentale partecipare. Di più - nello spirito pallonaro - c'è solo la vittoria che, secondo Boniperti, è addirittura l'unica cosa che conta. Letto, confermato, sottoscritto. Con un pensiero alla Juve che (sospirando) non c'era. Come se fosse tornata indietro di decenni passati in finestra a vedere Milan e Inter giocare e vincere. Finché il 13 luglio 1971 Giampiero - l'uomo dal sorriso di ghiaccio - diventò presidente e passò faticosamente ma deciso dagli scudetti ai trofei internazionali: con lui la Juve fu il primo club a vincere tutti le Coppe Uefa, il primo a conquistare tutti i titoli mondiali disponibili. Capisco, dunque, l'angoscia da spettatrice e l'ansia di vittoria - scudetto o secondo posto, male che vada - esibita in queste ultime ore da una Juve frustrata - e incattivita, anche - da quattordici pareggi sprecapunti. Il suo futuro internazionale passa anche dalla Coppitalia che la vedrà opposta martedì prossimo al solito Milan con la prospettiva di una finale in grado di offrirle la conquista della decima coccarda tricolore e un posto in Europa League; ma vogliono certo di più, Andrea Agnelli e i cugini Elkann, Antonio Conte, Gigi Buffon e Alex Del Piero e paradossalmente la sconfitta del Napoli - non oso dire quella dell'Inter - complica il suo progetto nel bel mezzo di una crisi di produzione. La squadra di Mazzarri - sempre che non cada in depressione dopo la dolorosa Battaglia di Stamford Bridge - è ora (finalmente) libera di dedicarsi al campionato senza doversi inventare altri sciagurati turnover: se già era impegnativo l'inseguimento di un Milan potente e motivato, diventa durissimo l'impegno di guardarsi anche alle spalle. Da domani in poi - viaggio a Firenze - è vietato sbagliare. Da osservatore, mi sentirei di suggerire a Conte l'adozione dello Spirito dei Blues, ovvero di imitare la scelta di Di Matteo: l'italiano, che ha fatto felici il satrapo Abramovic e gli snob di Chelsea, ha fatto dimenticare in fretta Villas Boas e le sue chiacchiere ripescando i Tre Vecchietti - Lampard, Terry e Drogba - che hanno sconfitto i Tre Tenori. Conte di vecchietti ce n'ha uno, Del Piero, e forse è la sua ora.
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