mercoledì 12 febbraio 2014
È israeliano, ebreo, canta in arabo ed è una star assoluta a Sanaa. Zion Golan nello Yemen non ci può entrare, ma la sua voce riempie le strade della capitale: negozi, supermercati, bar, macchine, taxi, suonerie dei cellulari, ovunque. Bootleg, Cd pirata, Mp3: i suoi album e i suoi pezzi vengono scaricati in continuazione e circolano dove lui, figlio di padre e madre yemenita, non ha mai potuto mettere piede: Israele e il Paese arabo – tra i più conservatori del mondo musulmano – non hanno rapporti diplomatici. I suoi genitori arrivarono nello Stato ebraico con l'operazione segreta Magic Carpet: tra il giugno del 1949 e il settembre del 1950, 49mila ebrei yemeniti (dei 55mila residenti nel Paese) vennero aviotrasportati nel nuovo Stato di Israele. E nel nuovo Stato di Israele, ad Ashkelon, nacque pochi anni dopo Zion. Qualcosa di quel Paese mai visto deve essergli rimasto nel sangue. Perché ha cominciato a mettere insieme i racconti dei suoi e melodie lontane e a scrivere canzoni, in tipico stile arabo yemenita, che hanno attraversato confini e barriere culturali. Nello Yemen è conosciuto come Ziyan Joulan, ma tutti sono al corrente delle sue origini e forse lo apprezzano proprio per quella spinta romantica che lo porta a guardare verso una penisola lontana, costruendo ponti di note fra due Paesi che non si parlano. È a quota 22 album, anche se per la sua musica in Yemen non prende nulla: niente royalties. Gli sta bene lo stesso. E cova un sogno: di poterci andare, un giorno. «Shalom, Sanaa».
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