domenica 24 settembre 2017
Ci sono canzoni che somigliano a un dolore. Accendi lo stereo, le ascolti, e ti perdi in pensieri pesanti. Capita, quando scopri che lui ha cantato così: «Io vorrei essere là, dove i soldati muoiono senza sapere perché… Vorrei essere là per dire a quei soldati: chi mai coltiverà domani il vostro campo? Però io non ci posso essere, perché anche nel mio campo, qui, c'è ancora tanto da fare…». Accade, se apprendi che lui ha cantato anche così: «Io vorrei essere là, dove i bambini imparano che il mondo in cui viviamo è tanto tanto grande… Vorrei essere là per dire a quei bambini che eppure, tanta gente non ha un posto per vivere: però io non ci posso essere, perché non ho trovato ancora il mio posto, nel mondo…». Il canto finisce, e pensieri scuri ti sommergono. Che straziante assurdità, che lui non sia riuscito a trovare la forza di arrivarci veramente, "là": ma anche di esserci "qua", di essere fra noi "oggi". Finisci col dirti che anche tu, sì, anche tu avresti voluto essere là! Là a Sanremo, in quella maledetta notte del 27 gennaio di cinquant'anni orsono, in quella deprimente stanza d'albergo. Tu avresti voluto essere là, per fare qualcosa. Perché lui non si arrendesse. Perché Luigi Tenco continuasse ancora, a scrivere e cantare.
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