domenica 20 gennaio 2013
«Addio alla morte. Abbiamo perso il senso di una fine» (Repubblica, giovedì 17). Secondo il saggista e letterato francese George Steiner, mentre «l'esistenza organica è un accidente molecolare presente con ogni probabilità in altri ecosistemi sparsi nello sconfinato universo», «le fantasie sulla trascendenza si fanno ancora più sbiadite o puramente convenzionali» e «la promessa di compensazione in un altro mondo, di risarcimento o castigo sovrannaturale, dopo Auschwitz e i Gulag, dopo Dresda e Hiroshima, appare non solo puerile, ma moralmente disgustosa. E soprattutto la morte stessa è stata svalutata». È logico che, svalutando a quel modo le premesse sulla vita, si svalutino anche le conseguenze sulla e dopo la morte. Steiner, infatti, prevede che, con l'introduzione dell'artificio nella fabbrica della vita, «l'homunculus dell'alchimia faustiana e il Golem» siano vicini a nascere. Non è vero, ma è certo che, se tutto ciò fosse vero, anche la morte sarebbe davvero svalutata e logico «il diritto di morire la morte che si sceglie». Queste prediche misosofiche contro il significato della vita (e della morte) non fanno che aiutare la demolizione di quel po' di saggezza e trascendenza che i misosofi ci hanno lasciato. Quando i filosofi sono in decadenza, la misosofia prevale.PARENTI POVERI?Finalmente Il Fatto spiega (mercoledì 16) le ragioni della pressione mondiale a favore del "pacchetto" di "diritti" speciali e "in più" rivendicati dalle persone omosessuali. In realtà questi asseriti diritti appaiono come la copertina di una colossale operazione commerciale, possibile solo con una grande disponibilità finanziaria. Il signor Lloyd Blankfein (sposato, tre figli), amministratore delegato di Goldman Sachs Group, una delle più grandi banche d'affari del mondo, è anche uno dei principali testimonial della "Human Rights Campaign", la più grande associazione omosessuale Usa. In uno spot televisivo ha sostenuto «l'eguaglianza dei matrimoni», perché «la tolleranza è un buon affare». Mister Blankfein conosce bene «l'elevata capacità di spesa della comunità omosessuale», che stima in 835 miliardi di dollari l'anno. Tant'è che nel 2011 le coppie monosessuali statunitensi hanno ottenuto dalle banche 16mila mutui per la casa e «il turismo gay rappresenta il 7% del fatturato complessivo del settore». Del resto, scrive il Fatto, «i maggiori istituti finanziari del mondo fanno quasi a gara nel lanciare iniziative: JP Morgan ha per esempio sponsorizzato l'organizzazione di gay pride a Londra e New York. La banca inglese Lloyds ha lanciato un'applicazione gratuita per telefonino destinata ai suoi dipendenti "Lgbt". A Hong Kong e a Londra, invece, è operativa Lgbt Capital, che riunisce fondi d'investimento su imprese gay-friendly (filo-gay) oppure create e gestite direttamente da membri della comunità omosessuale». Conclusione del Fatto: «Essere gay-friendly non è più un costo ma un beneficio». Aveva ragione il giurista Stefano Rodotà, a dire in un'intervista al medesimo giornale e sullo stesso argomento (lunedì 14): «I diritti non sono i parenti poveri, ma un pezzo fondamentale della vita delle persone» (gay).P.S. - Sempre da Il Fatto (mercoledì 16): «Tendenza Gay: l'ora X dei diritti». Meglio l'ora Y.
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