sabato 12 settembre 2015
"Libero" (10/9, p. 11): lunga intervista di Andrea Morigi «al canonista Giancarlo Cerretelli» e titolone: «La Chiesa non parla di divorzio: Bergoglio in linea con Ratzinger». Bene, ma a "Libero" lo faranno sapere a certi articolisti che scrivono su quelle colonne identificando con la fede idee e nostalgie tutte loro, perché «questa Chiesa di Bergoglio» tradirebbe venti secoli di dottrina? Arriva anche - fronte culturale opposto: "Repubblica", 9/9, p. 4) - chi bacchetta il "Motu proprio" papale sul processo di nullità. Francesco Merlo intervista il prof. Alessandro Tomaselli - un matrimonio dichiarato nullo alle spalle - che è lapidario: «Io, risposato, dico che così si svilisce il matrimonio»! Leggi, ma forse le due teste sono confuse. Così il prof.: «nel 2011 ho chiesto la nullità alla Sacra Rota». E il Merlo…morde: «E l'hai ottenuta nel febbraio di quest'anno: ci sono voluti tredici anni» (sic!). La matematica direbbe 4! Nullità, sì, ma di argomenti. Stesso giorno sul "Foglio" (p. 1) tanti contorcimenti contro la novità che pare inaudita, e per fortuna secca conclusione: «Il decano della Rota ricorda a tutti: "La nostra massima legge, in proposito, è la salvezza delle anime"». Novità progressista? No: ultime conclusive parole del Codice di diritto canonico vigente (n. 1752) valide per tutti, vescovi, preti e fedeli compresi: nella Chiesa «la suprema legge è e deve essere sempre la salvezza delle anime»! Ogni tanto qualcuno lo dimentica, e pensa che debba esserlo la "salvezza" di enunciati dottrinali illustri, che per natura e storia reale non sono realtà di fede, ma segni di una stagione, pur teologica e disciplinare, che tiene più o meno abbastanza conto di questa "Legge suprema". La Parola di Dio e la Fede non cambiano - così Papa Giovanni all'alba del Vaticano II - siamo noi che arriviamo a comprenderle meglio.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI