giovedì 23 novembre 2017
«Il sociosanitario: una scommessa incompiuta?» è stato il tema del 15° Convegno nazionale di Diritto sanitario svoltosi nei giorni scorsi ad Alessandria, da anni sede stabile dell'iniziativa. Tra le acquisizioni condivise dell'edizione 2017 (che ha visto ancora una volta la presenza di un nutrito gruppo di studiosi del diritto costituzionale e amministrativo e di sociologi, economisti e manager sanitari), v'è la necessità di andare oltre il semplice accostamento operativo di sanità e assistenza sociale, per giungere alla vera integrazione, di cui è stata espressione grafica l'eliminazione, nel titolo del Convegno, del trattino tra socio e sanitario. Due mondi differenti sotto molteplici aspetti, il principale dei quali è costituito dalla circostanza che, mentre le prestazioni sanitarie e i relativi "livelli" sono da anni codificati - anzi, proprio la sanità ha costituito l'antecedente della nozione di livelli essenziali delle prestazioni, nel 2001 costituzionalizzata dalla lettera m) del secondo comma dell'art. 117 Cost. -, del tutta diversa la situazione in campo socioassistenziale, dove da tempo si cerca invano di codificare e standardizzare le prestazioni, correlando ad esse un valore economico che consenta di "pesarle" e individuare i livelli essenziali, cioè necessari e appropriati, con le relative risorse finanziarie.
Le risorse, appunto. I bisogni fondamentali di assistenza e il sistema giurisdizionale (il pane e la giustizia) devono fare i conti con le risorse ma, riprendendo un passaggio della sentenza 275 del 2016 della Corte costituzionale redatta dal giudice Prosperetti, «è la garanzia dei diritti incomprimibili a incidere sul bilancio e non l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione».
Passaggio richiamato anche nella più recente sentenza 169 del 2017, redatta dal giudice Carosi, con indicazioni importanti su come «mettere in sicurezza» i livelli essenziali e imputarne correttamente i relativi costi (in senso parzialmente diverso si veda, in precedenza, la pronuncia 5538/2015 del Consiglio di Stato). L'obiettivo potrebbe essere arrivare, anche in campo socioassistenziale, a un sistema universalistico tale da consentire l'integrazione con le prestazioni sanitarie. Ma per il suo raggiungimento si richiede quel lavoro di codificazione e standardizzazione che porti a censire i livelli delle prestazioni corrispondenti a diritti incomprimibili. Il nostro sistema costituzionale (artt. 32 e 38, "figli" del fondamentale art. 3, comma 2), unitamente all'attuazione legislativa, fornisce un indirizzo chiaro: nei confronti dei più fragili (disabili o non autosufficienti), il riconoscimento del diritto e l'esigibilità delle relative prestazioni sono doverosi.
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