sabato 14 febbraio 2004
Ci sono persone così egocentriche che quando s'innamorano trovano il modo di essere tutte prese dalla loro passione senza esserlo della persona che amano. Si fa spesso ironia sull'''imbambolamento" a cui va incontro l'innamorato. Lo scrittore inglese William M. Thackeray nella sua opera più famosa, La fiera delle vanità (1848), ridacchiava così: «Quando sono innamorati, certi uomini, anche se vedono l'amo e tutto l'apparecchio con cui saranno catturati, inghiottiscono ugualmente l'esca». Noi, invece, in questa giornata tradizionalmente dedicata a s. Valentino, il patrono degli innamorati, abbiamo voluto puntare sul serio, con una delle Massime del noto autore moralista francese del Seicento François de la Rochefoucauld, spesso ospitato nella nostra rubrica. La sua è una considerazione realistica, anche se venata di pessimismo. L'amore autentico - l'agàpe di cui parla il Nuovo Testamento - è molto più dell'eros. Quest'ultimo scopre nella persona amata la bellezza, si alimenta di passione e di tenerezza, coltiva il sentimento; tuttavia vede nell'altro una realtà pur mirabile ma da conquistare e quindi possedere. Nell'amore puro e totale hanno un significato sia la sessualità sia l'eros, ma la meta da raggiungere è la donazione di sé all'altro così da attuare quell'unico corpo, ossia quell'unica esistenza di cui parla la Genesi (2, 24). Significativa è la duplice professione d'amore proclamata dalla donna del Cantico dei cantici: «Il mio amato è mio e io sono sua" Io sono del mio amato e il mio amato è mio» (2, 16 e 6, 3). Il centro della vita diventa l'altra persona a cui tu consacri tutto te stesso e, così, ami in lui anche te stesso. Per questo l'amore vero è segno e simbolo anche della mistica.
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