sabato 8 agosto 2020
Pensavo che nulla nella vita sarebbe stato per me più enigmatico della traduzione di una versione dal greco. L'imbarazzo che provo aprendo un cassonetto della spazzatura invece supera ampiamente quel ricordo. Mentre mi struggo nel decidere se il polistirolo è carta o plastica, il residuo morsicato di quella che fu una fetta d'anguria che spunta da un sacchetto pieno di stracci, coppette da gelato e altra varia umanità sulla quale non ho il coraggio di indagare, mi convince del fatto che gran parte degli italiani non sono affatto razzisti. Detestano ghettizzare la carta, ritengono antidemocratico separare le bucce di banana dalle lattine, e terribilmente antisociale confinare la plastica in appositi contenitori quando può convivere pacificamente con la frutta marcia. Specie d'estate, lontano dalle più o meno rigorose abitudini della raccolta differenziata condominiale, i sempre più rari cestini di raccolta della spazzatura esprimono in pieno il lassismo collettivo di un popolo che con l'alibi delle vacanze si sente autorizzato a ribellarsi ai regimi di separazione dei beni di scarto, a favore della libera coabitazione di vetro e ortaggi. Per invertire la tendenza, occorrerebbe un rigurgito di coscienza, in questo caso indifferenziato. Che batta la pigrizia di chi ancora non comprende che comportarsi civilmente, prima che agli altri, fa bene a se stessi.
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