sabato 6 febbraio 2010
In viaggio con Lippi. Qualche ora insieme per conoscersi meglio. Ma come? - direte - Dopo tanti anni non vi conoscevate già? No. Per scelta professionale - da sempre - non intrattengo rapporti personali con i protagonisti oggetto della mia attività di critico. Quando sento dire "simpatico" o "antipatico" mi limito a prender nota di un sentimento diffuso che tuttavia non pesa sul giudizio tecnico. Poi, come spettatore, ho anch'io simpatie e antipatie, naturalmente, ma del tutto superficiali. Nel tempo, tuttavia, capita anche a me l'opportunità di approfondire un rapporto. In genere, succede quando la critica sale di tono, assume una valenza quasi personale e arriva il momento di un chiarimento prima fra addetti ai lavori, poi fra uomini.
Mi è successo - per fare qualche esempio - con Helenio Herrera, Gipo Viani, Nereo Rocco, dopo roventi polemiche. Mi è successo con Enzo Bearzot: diventammo amici dopo un lungo periodo di contrasti durissimi. E con Arrigo Sacchi: diventammo nemici.
Ho difeso Lippi, senza conoscerlo, alla vigilia di Germania 2006, quando illustri penne all'arrabbiata tentarono di distruggerlo e di impedirgli di portare la sua Italia al Mondiale. Non c'era simpatia, per il ct sfiorato da Calciopoli: solo stima e fiducia. Ben ripagata, se non erro. Proprio come l'Odiato Vecio - da me amatissimo - Lippi mi fece vivere un'emozione straordinaria: da vecchio italiano - e da romagnolo pascoliano - amo la Nazionale con il sentimento di un fanciullo. Da sempre. Non è demenza senile. Passavo qualche ora con Vittorio Pozzo e mi sembrava di vivere l'epopea azzurra degli anni Trenta: e quando ne scrivo - o ne parlo - sono così emozionato che qualcuno pensa addirittura che ci fossi.
Avevo con Lippi - si fa per dire - qualche conto in sospeso: Cassano, tanto per cominciare, poi Balotelli, e ancora quell'Ital-Juve che sei mesi fa era una promessa e oggi sembra una minaccia. Siamo stati insieme a Catanzaro, dove gli è stato assegnato un premio in memoria di un grande presidente del passato, Nicola Ceravolo, e l'ho sentito spiegare serenamente al popolo la sua filosofia. E le sue scelte. Ci ha detto un giorno prima tutto quello che ha emozionato i cronisti a Salerno - altra esibizione del ct - il giorno dopo: per me non faceva più notizia l'annuncio di un blocco di sedici (diciassette) azzurri più sette (o sei) che selezionerà nei prossimi mesi; nè l'esclusione di Cassano e Balotelli; come l'apertura a Totti e la voglia di recuperare Nesta, il miglior difensore d'Europa.
Sapevo già - l'aveva detto in pubblico, non sono solito riportare confidenze - del suo curioso desiderio di affrontare in finale mondiale l'Inghilterra di Fabio Capello: ha già giocato il Mondiale con la fantasia, Lippi, ma seguendo un iter logico, fase per fase, che potrebbe portarlo proprio contro don Fabio non tanto perchè "farebbe notizia" ma perchè ha grande stima - anche umana - per il Bisiaco: gran lavoratore, spesso geniale, durissimo e - torno alle categorie iniziali - antipatico come lui: sarebbe uno storico summit sudafricano fra due tecnici supervincenti.
Con Capello sono diventato amico e son felice di poterlo "giudicare" da lontano; di Lippi ho apprezzato una inedita (per me) umanità, la sua profonda filosofia calcistica che disegna perfettamente con parole semplici, la sua passione per il gruppo che lo pone nella scia di Pozzo e Bearzot. I quali - come ho spesso raccontato - rinunciarono a convocare talentuosi idoli delle folle privilegiando la Squadra. A Roma '34, Parigi '38, Madrid '82, Berlino 2006 quest'Italia fu Campione del Mondo per la nostra felicità. Diamoci appuntamento - senza ritegno - a Johannesburg, ore 20.30 dell'11 luglio 2010.
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