domenica 7 luglio 2013
Qual è la traccia che l'atto di scrivere lascia su di noi? Se quella della lettura è la libertà, qual è quella della scrittura? Un tema su cui molto è stato scritto, ma che credo di avere afferrato davvero solo un giorno di non troppi anni fa, durante una conversazione con mio padre. Credo che fosse un quesito che si era posto spesso, lui che scriveva ancora nonostante la tarda età, anche se doveva ormai affidarsi alla mano degli altri. «Tu non sei sola — mi disse — perché scrivi. Quando si scrive, la solitudine non esiste». E non parlava solo della scrittura letteraria, non pensava a Tolstoj o a Dostoevskij o ai grandi narratori che pure tanto amava. Pensava al fatto di riempire il foglio di parole e idee e pensieri e fantasie. Noiose o affascinanti, belle o brutte che fossero. Quella sua riflessione mi convinse subito con l'evidenza delle verità che hai sempre provato ma che non sei mai riuscito a esprimere. Pensai che con quelle parole mi aveva fatto un grandissimo dono. Forse, scrivere è l'esatto contrario di leggere. Se leggendo esci fuori di te e tocchi altri mondi, scrivendo entri in te e riempi di altri il tuo mondo. Non sarai mai più solo, anche nel deserto. Altrimenti, perché scrivere?
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