sabato 3 giugno 2017
È stata una scelta giusta e ad alto valore simbolico la “sfilata” dei sindaci delle zone terremotate, che con i loro volti orgogliosi e commossi hanno aperto sui Fori Imperiali la parata della Festa della Repubblica. Per non dimenticare la sofferenza delle popolazioni colpite, ma soprattutto per ricordare alle istituzioni e all'opinione pubblica che la complessa macchina della ricostruzione non è ancora riuscita a migliorare le condizioni di vita dei terremotati. «Non ci sentiamo abbandonati, ma un po' trascurati sì», ha dichiarato il sindaco di Arquata del Tronto Petrucci, sintetizzando (e de-enfatizzando) lo stato d'animo delle popolazioni colpite dal sisma.
Se cerchiamo di ripercorrere ciò che è stato fatto nei mesi post-terremoto, possiamo fotografare la situazione in questo modo. Stavolta non si sono verificate due condizioni negative “classiche” dell'emergenza post-sisma: la reazione delle istituzioni nazionali è stata complessivamente adeguata, sia da parte della Protezione Civile sia dei Ministeri interessati alla ricostruzione, e sono state stanziate risorse economiche sufficienti per la ricostruzione (sia pubbliche sia private, grazie a numerose ed encomiabili gare di solidarietà degli italiani). Ma a un certo punto la filiera istituzionale si è inceppata, perché l'estrema complessità delle procedure e la lentezza dei nostri apparati amministrativi sta rendendo pressoché inutile ogni sforzo. E così il piano “Casa Italia” ha prodotto finora solo qualche casetta posizionata sul campo e decine di migliaia rimaste ancora sulla carta, mentre gli sfollati saranno costretti a breve a lasciare gli alberghi per l'inizio della stagione estiva. Ugualmente poco è stato fatto a supporto delle attività imprenditoriali nelle zone del sisma: al di là di qualche bar che ha potuto riaprire i battenti, le principali attività agricole, artigiane e commerciali sono ancora chiuse. Sine die. La sensazione, dunque, è che dopo ogni terremoto lo Stato italiano sia costretto a improvvisare una strategia di ricostruzione. Delegando tutto alla buona volontà del governo e degli enti locali di turno, destinata inevitabilmente a scontrarsi contro la mancanza di progettazione. Manca in Italia, infatti, una legge-quadro sulla gestione delle emergenze, che consenta agli enti locali di avere a disposizione le risorse stanziate e di realizzare le gare d'appalto con procedure più semplici e più veloci di quelle ordinarie.
La realtà è un giudice infallibile: a nove mesi abbondanti dalla prima scossa di terremoto, i cittadini terremotati di Marche, Umbria e Lazio vivono ancora nel tunnel dell'emergenza. E nessuno può dire loro con certezza quando vedranno la luce.
@FFDelzio
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