sabato 9 aprile 2022
Venerdì, le tre del pomeriggio. Dalla chiesa vicina riecheggiano tocchi scuri di campana. L'ora in cui Lui è morto. Questa volta non avevo bisogno di ricordarmene: leggere e guardare ciò che accade in Ucraina somiglia a una Via Crucis. Troppo dolore: se non chiudi il pc, ne sei sommersa. (Ieri mattina, bombe su una stazione nel Donbass, dove i profughi si ammassavano per fuggire. Le donne cariche di borse, la calca, l'ansia per salire su un treno. E un boato, e lo sfracello: un istante di silenzio annichilito - prima delle urla dei feriti e del chiamare, le madri, i bambini).
Sapere, vedere, immaginare ciò che nessuno può raccontare, è intollerabile. Non ho parole, non ho alcuna consolazione da darmi. Oltre al dolore, in verità, provo rabbia. Daccela Tu una parola, davanti a tanto male.
Accanto a me c'è Martino, 18 mesi. Ha mangiato tutto, ha inseguito i gatti, ora dorme. Lo guardo: in Ucraina, in Afghanistan, nello Yemen, come lui ce ne sono milioni. Mi sento molto stanca, pure nella pace di Milano. 43esimo giorno, questa guerra sembra un'onda di tsunami.
Vedo che molti non ne parlano più, non guardano più i tg. Li capisco, in fondo. Il confine tra egoismo e istinto di conservazione è sottile. Se resti a guardare troppo, non ti rimangono parole.
Se non: liberaci dal male. Ma, sono parole da dire in ginocchio.
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