mercoledì 28 agosto 2019
Che belle, le canzoni che accarezzano; che parlando dell'esistenza donano speranza, anzi certezza che abbia un senso. E quanto sono rare, canzoni così. Canzoni come quella che, l'anno scorso a Sanremo, è stata incisa in modo indelebile nei cuori di tanti da Ornella Vanoni. «Giorno per giorno, senza sapere cosa mi aspetta, non è in mio potere... Gioia e tristezza sempre davanti: stanze vicine, comunicanti... E sentire che niente finisce mai: è un tempo infinito il presente, non passerà! ...Gabbia di ossa, libero il cuore: hai preso dolcezza da ogni dolore... Conservo l'infanzia, la pratico ancora; e la seduzione, mi affascina sempre... Sentire che esisti, felicità! Abbracciami ancora una volta, mi basterà... Bisogna imparare ad amarsi, in questa vita! Bisogna imparare a lasciarsi, quand'è finita... E vivere ogni istante, fino all'ultima emozione... Così, saremo vivi!». La canzone all'Ariston si chiudeva strizzando l'occhio alla nostra emozione: «Giorno per giorno, senza sapere cosa mi aspetta... Ma voglio vedere!». E però forse la carezza più importante che il brano ci fa al cuore, rileggendone bene il testo, è un'altra: «Conservo l'infanzia, la pratico ancora». Perché in una canzone ben scritta, a volte bastano due righe di intelligente poesia per farci ricalibrare la bussola della vita verso la vera Stella polare.
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