martedì 21 settembre 2004
Sarebbe stolto, oltre che vano, imbellettarsi per fare scomparire le rughe e fingere una gioventù che abbiamo lasciata alle spalle. Norberto Bobbio, il pensatore morto quest'anno, ci ha lasciato queste righe nell'opera emblematicamente intitola De senectute e altri scritti autobiografici (Einaudi 1996). Parole scontate, si dirà, eppure a partire dalla televisione per procedere in tutti i campi fino a quelli della politica, è un continuo "imbellettarsi", uno stirare rughe, un lifting frenetico per arrestare la corsa del tempo e fingersi sempre giovanilistici, scattanti, produttivi. L'uomo di plastica avanza, perciò, spedito, riuscendo piano piano a ridurre di quel materiale artificioso anche la coscienza, allegramente lavabile dopo l'uso. Atto «stolto e vano», ci ammonisce Bobbio; ma fallo capire a chi ormai ha fatto dell'apparire l'essere, dell'immagine esteriore la realtà intima e dell'inganno la verità. Noi, però, nella prima giornata d'autunno vorremmo evocare lo splendore di questa stagione (si pensi solo cosa sono le "ottobrate" romane) per invitare a scoprire non solo la pacata bellezza di un volto, pur nella tenera ragnatela delle sue rughe, ma anche e soprattutto per ricordare la preziosa intensità della terza età. Si possono vivere ancora esperienze alte ma con maggior finezza e attenzione; si possono scoprire doni nuovi e si è ancora capaci di offrire alla società un contributo autentico, senza bisogno di "imbellettarsi" e di cambiarsi la pelle e la faccia.
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