sabato 31 luglio 2021
Sui quotidiani, conviene talvolta sorvolare sulle tante pagine di battibecco politico e vaccinale, tanto uguali l'una all'altra quanto inevitabili, e approdare alle meno sorvegliate, e quindi capaci di sorpresa, pagine interne. Qui l'arte sottile - facile ai piccoli capolavori come alle zuppone indigeste - dell'intervista può allietarci. La serie "Italiani" del "Corriere", ad esempio, riesce a presentarci personaggi piacevoli perché intelligenti, e intelligenti perché non pieni di sé. Ad esempio l'attore Paolo Rossi ("Corriere", 28/7, intervista di Emilia Costantini): comunque la si pensi, non gli si può dar torto quando parla dell'imbarazzo e della debolezza della satira in un'epoca, la nostra, che senza satira brillante perde di sale, ossia di intelligenza: la satira oggi è «una missione impossibile: fare l'imitazione di una imitazione non ha senso. Io imito il potente di turno quando nella società dello spettacolo, in cui siamo tutti immersi, lui sta già recitando un ruolo, un'imitazione di sé stesso e imitare un imitatore significa fare la parodia della parodia».
Un altro attore, Silvio Orlando ("Corriere", 30/7, intervista di Valerio Cappelli), dice cose tutt'altro che nuove, ma che da sempre provocano irritazione in chi si sente chiamato in causa: «La tv resta un elettrodomestico, utile, invasivo, pervasivo. La gente che lavora dentro a quella scatola un po' si ammala, sono ossessionati da quella cosa del risultato, l'auditel». Fine di ogni possibile ingaggio televisivo per Orlando? Non certo da oggi. L'intervista è credibile perché Silvio non è una volpe, la tv non è l'uva e da molti anni a lui della scatoletta non interessa nulla, per quanto, a chi nella scatoletta vive, possa sembrare impossibile, essendo l'idolo a cui tutto sacrificare.
Bruno Pizzul non è un attore ma è comunque un "interprete", avendo raccontato un'infinità di partite di calcio. Giusto in coda ("Corriere", 30/7, intervista di Giorgio Terruzzi), confida: «Quando sento che qualcuno si interessa a me, alle mie esperienze, resto sempre un po' perplesso. Il motivo è semplice: mi compiaccio di non essere mai riuscito a prendermi troppo sul serio». Ecco uno che ha passato anni dentro la scatoletta, ossia nella pancia della balena, senza farsene digerire.
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