martedì 8 ottobre 2013
Nell'anno in cui compose l'opuscolo sull'amicizia Cicerone scrisse anche un secondo libretto degno di memoria sulla vecchiaia per difenderla dalle accuse che spesso sono divulgate dai vecchi stessi, come fosse la vecchiaia l'età di coloro che gemono per i dolori del corpo fin dalle prime ore del giorno quando si levano dal letto fino all'ora in cui stanchi vi ritornano e si lamentano che la memoria vien loro meno e che le orecchie si son fatte sorde e gli occhi riescono a vedere solo le cose lontane: per queste ragioni alcuni vecchi divengono sospettosi e diffidenti. E potrei su ciò dire di più se non temessi di dare noia a tutti. Cicerone introdusse nel suo opuscolo a levare al cielo le gioie della vecchiaia quel Catone chiamato spesso il censore che visse davvero una verde vecchiezza. Memorabili giudico tra le difese per la vecchiaia le parole ispirate da afflato poetico sui piaceri dei contadini che non sono impediti dalla vecchiaia. Mi è gradito esortare coloro che si accostano alla soglia di vecchiaia a leggere di persona il libretto. Oso aggiungere al discorso di Cicerone una gioia da me da poco provata. Ed è la gioia che il vecchio, divenuto nonno, può trarre dai nipotini, quando raramente gli vengono dati in custodia. Ho una dolce nipotina oggi di trenta mesi che i genitori hanno chiamato Caterina, che ieri era da me: poiché pochi giorni prima concluse le vacanze al mare era tornata a casa le chiesi se avesse rivisto con gioia illettino dopo qualche tempo e le bambole cui accudiva come una piccola mamma. E Caterina con parole ancora incerte mi ha risposto: «Non è male nemmeno qui per me, ma alla spiaggia com'era bello! Avevo un secchiello azzurro in cui raccoglievo la sabbia per fare i castelli con le mani e distruggerli coi piedi; avevo un coccodrillo verde che il papà gonfiava e quando vi appoggiavo le mani potevo piano piano entrare nelle onde. Avevo queste cose e adesso a casa non le ho più». Così compresi che io e la mia nipotinaabbiamo in comune quel sentimento dell'animo che i latini chiamavano desiderio del passato e noi in italiano «nostalgia».
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