venerdì 20 agosto 2004
L'infanzia non ha tempo. Man mano che gli anni passano, bisogna conservarla e conquistarla nonostante l'età. Sul lungolago di Bellagio, ove sono in vacanza, vedo un nonno che gioca col suo nipotino. Sono in attesa, e quindi ho tutto il tempo di osservare a lungo il loro godimento: non so se è più il vecchio a divertirsi o il bambino. Certo è che entrambi sono uniti da uno stato interiore che travalica quello anagrafico: essi, infatti, vivono nel loro animo tutta la freschezza dell'infanzia. Ha, quindi, ragione il filosofo francese Emmanuel Mounier (1905-1950) a proporci la considerazione che sopra ho citato. Non per nulla il simbolo
più luminoso per rappresentare la fede pura è proprio quello del bimbo in braccio a sua madre: «Sono tranquillo e sereno
come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato
è l'anima mia» (Salmo 131, 2). Ecco, allora, la proposta netta di Cristo: «Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Matteo 18, 3). Purtroppo noi facciamo di tutto per perdere fiducia e freschezza, purezza e mitezza, lasciandoci conquistare dai miti della forza e della furbizia, del possesso e del piacere. Abbiamo perso il gusto della libertà, del gioco autentico, della gratuità, dell'abbandono sereno. Ed è per questo che siamo, sì, cresciuti in autorità e considerazione ma abbiamo perso la pace, la quiete della coscienza, la santità. Il pensiero corre a s. Teresa di Lisieux che scelse come emblema Gesù bambino non per vezzo sentimentale ma per lo splendore divino che irraggia dalla beatitudine dei puri di cuore.
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