martedì 16 giugno 2015
Danni da troppo zelo. «Un'opera di misericordia nel peccato non serve né all'Uomo, né al Creato» (“Zenit”, 13/6 da Catanzaro). Ragionamento articolato e di tono catastrofico sul dilagare del male nel mondo attuale. Incipit: «L'uomo oggi spesso ruba, uccide, massacra mille speranze…». Segue un lungo elenco di misfatti e conseguenza giusta: «Il mondo ha bisogno della misericordia come stile di vita permanente». Perfetto, si direbbe, e perciò per tutti c'è bisogno della grazia di Dio che salva e ci rende «uomini liberi nella Parola di Cristo». Non si potrebbe dir meglio. Segue però in pagina un ragionamento sul «peccato d'origine» descritto così: «Il peccato di Eva trascina Adamo e cambia il futuro dell'uomo in modo radicale… la natura si è corrotta e sono nati tutti i vizi». Si dovrebbe spiegare meglio, ma il problema è che arriva la citazione di un teologo (nome e cognome) ove leggi che «chi ama l'uomo non deve peccare. Se pecca non ama né l'uomo né il creato». Che vuol dire? Rileggi e ti torna l'occhio su quel titolo tagliente: «Un'opera di misericordia nel peccato non serve né all'Uomo, né al Creato»! Vuol dire che «anche le virtù dei peccatori sono vizi»? Con un po' di “naso” teologico senti subito antico odore di superbia eretica, ma soprattutto ti accorgi che Qualcuno non la pensava così. È quel Qualcuno che davanti alla donna peccatrice, e proprio a quelli che storcevano il naso per un gesto di pietà ritenendolo inquinato dal suo status di peccatrice ha detto: «Molto le è perdonato, perché molto ha amato» (Lc. 7,47). Via: un po' più di ottimismo! Il Signore non è venuto invano, e non ci ha ancora abbandonati al nostro destino, perché questo è pieno di Lui, che è Misericordia infinita: guardiamo al mondo con occhi di risurrezione, allora, e scriveremo cose diverse.
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