sabato 4 aprile 2020

La Chiesa Cattolica entra nella settimana liturgica più importante dell’anno. Entra nella Settimana Santa. Entra in questo tempo forte, celebrando prima di tutto l’entrata, trionfale, di Gesù in Gerusalemme, osannato da quello stesso popolo che da lì a breve l’avrebbe condannato alla morte in Croce. Entra la Chiesa nella settimana santa come Cristo è entrato in Gerusalemme, e ancor di più come Lui è entrato nella morte. Non entreremo noi quest’anno se non nella mistica della Settimana Santa, perché gli spostamenti sono proibiti e per giustissime cause e le celebrazioni saranno quasi per tutti in streaming. Entreremo invece nella meditazione della passione e morte di Gesù Cristo e la situazione attuale è propizia per riflettere, meditare e farci vicini a tutti coloro che sono in terapia intensiva, ai malati e a tutti coloro che tentano di tener acceso il soffio di vita. Situazione propizia per ripensare sì alla nostra esistenza, ma forse ancor di più al nostro essere mortali.
Gli ultimi secoli sono passati alla storia come secoli in cui la società occidentale, moderna, ha voluto elidere la morte dalla città terrena, ha voluto non pensarci più, ha voluto escluderne la visibilità. Non se ne parla, non se ne vedono gli effetti, insomma poco ci manca che non sappiamo nemmeno più che sia mortali se non quando si è in punto di morte. La frase estremamente infelice del Primo ministro britannico, che non tengo nemmeno a ripetere tanto è improponibile, contiene un errore di forma ancor più grave, come se piangere la morte fosse un'azione da riservare solo ai cari anziani. Il suo errore è stato nel limitare questa possibilità, innanzitutto perché vediamo bene che chi parte non sono solo i nonni, ma ancor di più perché questo virus ci sta facendo riprendere contatto con la nostra stessa mortalità.
Adesso è d’obbligo pensare al fatto di essere uomini e donne mortali, e questo dal momento in cui si viene alla nascita. È intrinseco all’essere vivente dal momento del suo primo vagito, che lo si voglia o no, che si abbia una filosofia od un’altra. Si nasce e si muore. Non c’è quindi bisogno, in questo periodo, di riesumare opere di indubbio valore come l’Apparecchio alla morte di sant’Alfonso Maria de’ Liguori in cui l’anima era preparata alla sua morte. A quell’epoca, meditare la morte era quasi un fatto alla moda, faceva parte degli elementi della spiritualità così come oggi, invece, è di moda non parre non se ne parlarne. Lo spettro della morte si affaccia quando questa possibilità tocca uno dei cari, uno dei vicini, allora quella temibile scomparsa dal teatro mondano suscita tutta la nostra paura.
Ecco, in questo periodo anche solo le informazioni della sera basterebbero a farci prendere coscienza che siamo esseri mortali e che questo è il punto che ci accomuna tutti. Entrare nella Settimana Santa non può essere altro che un penetrare nel mistero della morte di Cristo, che è anche la nostra stessa morte, illuminata da altro un mistero ancora più grande che è quello che celebreremo al termine della settimana che sta per cominciare.

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