giovedì 16 febbraio 2017
Come arriviamo a essere quello che siamo? Attraverso un lavoro lungo e paziente, che si svolge in una grande incertezza. E mi viene in mente il caso di Cézanne. Suo padre, un facoltoso banchiere di provincia, si opponeva alla vocazione di pittore del figlio, considerando che avrebbe messo a repentaglio il suo futuro e gli affari della famiglia. Va detto che anche il giovane Cézanne esitava. Si chiedeva se possedesse il talento necessario. Valeva la pena di rischiare su quella strada tutto ciò che egli era? Per soddisfare il padre, passa l'esame di maturità e si mette a studiare giurisprudenza, ma senza abbandonare, tra sé e sé, il sogno. Il romanziere Émile Zola, un amico d'infanzia, contesta a Cézanne tutta quell'indecisione e lo spinge ad andare a vivere a Parigi. Cézanne finisce per cedere e va da lui. Ma, qualche mese dopo, non viene ammesso all'École des Beaux-Arts. I professori parigini lo trovano un colorista eccessivo e poco promettente. La verità è che non lo comprendevano. Il giovane allora, devastato dal rifiuto, torna in Provenza e si rimette al lavoro nella banca del padre. Penso spesso a questa storia, e alla forma inconseguente del cammino di un artista che ha rivoluzionato la pittura moderna. Con lui, la pittura cessa di essere storia per divenire personale e intima, incentrata sul corpo a corpo solitario dell'artista con la propria opera.
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