sabato 7 agosto 2010
È già venerdì mattina. Presto, scrivi il tuo pezzo, il giornale lo aspetta. Ma non posso, sono in viaggio. Non importa, non ci sono scuse né ragioni, è un impegno. Come posso fare, non si sa mai cosa interessa al lettore perché non c'è comunicazione tra noi né c'è argomento tanto facile da sviluppare in così poche righe. Si finisce col gettare un flash, come il lampo di una vecchia macchina fotografica, su un argomento che ci ha colpito per lasciare poi a chi legge il compito di trovarvi uno svolgimento o una fine. Allora l'articolo diventa un pezzo a molte mani e ognuno può concluderlo come meglio desidera. Diventa quasi un colloquio a bassa voce dove ci si trova tutti d'accordo sui principi di fondo, salvo sparire poi quando sarà necessario addebitare a ognuno un personale impegno a metterli in pratica. È la storia dei commercianti che espongono nelle vetrine il cartellino con il prezzo della loro merce con un taglio a matita sopra e il nuovo prezzo molto minore bene in evidenza. Allora, rubavano prima, o la merce vale realmente quella cifra scontata di oggi? È la storia della politica in tono minore del nostro tempo, anche quando si cerca di nasconderla sotto principi cui non si crede più e si fa passare per amor di patria cambi di posizioni che rispondono più a ricatti personali che al bene di un popolo che aveva loro consegnato la propria fiducia. È infine la nostra storia di piccola gente, che trova motivo di lamentarsi degli altri e non sa fare la sintesi di quel grande cammino formato da mille rivoli d'acqua, come il delta di un fiume, che sono le ricerche scientifiche sull'essere umano che ci forzano a crescere ogni giorno un po' di più. La scoperta dello scienziato che trova come guarire una malattia è anche una mia vittoria. La scoperta di come arrivare a prevedere le grandi catastrofi sarà anche una mia vittoria, come lo è il salvataggio di una bambina trovata sotto le macerie di una casa. Quando avremo raggiunto la capacità di sentirci un'umanità unita, responsabile della salvezza di tutti e di ognuno, allora non avremo più guerre perché saranno inutili. Ho aperto ieri uno dei volumi delle Storie di Polibio, che sono nella mia libreria da moltissimi anni e non avevo mai letto. In questi giorni quando il caldo ci impedisce di uscire fino a sera, pensavo di trovare in questa lettura qualcosa di interessante, anche se lontano nel tempo. Polibio, protagonista, scrittore e relatore di un periodo davvero denso di fatti e di mutamenti storici, è costretto a raccontarci solo di guerre e della fatica di popoli che per arrivare dove siamo noi hanno dovuto patire e dare morte crudele. Una sola frase di questo autore, del terzo secolo avanti Cristo, potrebbe tristemente riassumere il cammino faticoso dei nostri antenati: «La parola "lapidateli" era l'unica che tutti, nonostante la diversità delle lingue, sapessero comprendere, tanto spesso essa veniva usata».
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