giovedì 14 dicembre 2017

Uno dei personaggi più affascinanti e di grande valenza simbolica delle raffigurazioni presepiali è il pastore Benino. La leggenda popolare presenta questo personaggio mentre sta dormendo nello stesso presepe che sta sognando e, poiché quel presepe è il frutto del suo sogno, svegliare Benino vorrebbe dire l’istantanea estinzione del presepe. Ispirato dal passo evangelico che descrive l’annuncio degli Angeli ai pastori dormienti, il sogno di Benino non deriva però da un semplice sonno ozioso di un giovincello stanco, ma rappresenta invece il momento in cui l’uomo accoglie nella sua totale pienezza l’evento straordinario del mistero dell’Incarnazione. Tanto che nel suo sognare egli stesso diventa protagonista delle trasformazioni del creato e della natura che gli appaiono attorno.

Ed è per questo che nei presepi il pastorello Benino viene collocato nel punto più alto della scena: perché la sua visione, tra mille viottoli, discese, e dirupi, sfocia attraverso un viaggio denso di simboli e interpretazioni nella grotta sottostante, dove sono collocati Giuseppe, Maria e Gesù Bambino. Il valore simbolico di questo personaggio ha dato vita a numerose narrazioni fra cui quelle legate alla Cantata dei Pastori di Andrea Perrucci (1698) che fa aprire la scena del primo atto della sacra rappresentazione con il dialogo con Benino e il padre Armenzio che lo ha svegliato da un sogno straordinario in cui ha visto la terra trasformarsi in Paradiso. Attorno a questa scena sono nati anche alcuni componimenti musicali conosciuti come Il sogno di Benino, che vengono ancora eseguiti come prologo alle rappresentazioni di Presepi viventi, come quello qui riportato diffuso nell’area del Lazio meridionale:

«...Mentre sognavo
d’un tratto si apre il cielo
piove argento e oro
il mondo era tutto un tesoro
I fiori erano pietre preziose
dai fiumi scorre l’argento
dalle viti pendevano grappoli
di brillanti topazi e rubini
E mentre guardavo estasiato
vedo apparire una luce
sorge dalla grotta di Betlemme
grande come cento soli...»

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