mercoledì 13 gennaio 2016
Il filosofo esistenzialista Karl Jaspers (1883-1969) ha teorizzato che la trascendenza dell'Essere traspare nelle «situazioni limite», necessarie e immodificabili, per cui l'uomo, nel tentativo di superarle, va fatalmente incontro allo «scacco» o «naufragio». Situazioni limite sono, per esempio, sapere che la vita è lotta e dolore, che non ci si può esimere dall'assumere la propria colpa, che l'uomo è ineluttabilmente destinato alla morte. Come nel Gioco dell'Oca, in cui un elemento casuale (il lancio dei dadi) guida lungo un percorso in cui si viene a cozzare contro le barriere immodificabili delle caselle "speciali", vere "situazioni limite": se arrivi al numero 19 (La locanda) devi restare fermo per tre giri; se giungi al Labirinto (42), devi tornare alla casella 33; se cadi nel Pozzo (31) o nella prigione (52), resti bloccato finché un'altra pedina viene a liberarti; se passi sul Ponte (6), devi pagare la posta e ripetere il movimento; se incontri la Morte (58) sei costretto addirittura a ripartire dalla casella 1. Non è peregrina la metafora del Gioco dell'Oca, perché il riferimento a Jaspers è nella conclusione di un singolare libro di Roberta Borsani, Sul dorso di un'oca. Il simbolismo iniziatico del Grande Gioco (Moretti & Vitali, Bergamo 2015, pp. 224, euro 16). Un Gioco per bambini, ma, come le fiabe per bambini, ricco di sovrasensi.L'autrice non si perde in esoterismi cabalistici, offre una lettura simbolica dei numeri e delle regole del Gioco, sulla scorta di una buona informazione letteraria che le consente di spaziare dai Grimm a Tolstoij, a Gilgamesh, a Dante, a Caillois.Nella forma attuale con 63 caselle disposte a spirale verso il centro non numerato che è la Casa dell'Oca, il Gioco risale al Cinquecento, ma ha origini ben più antiche, con parentele in giochi cinesi. È un percorso iniziatico sul tema del ritorno, ben noto dall'Odissea in poi, attraverso imprevisti e difficoltà per giungere alla casa, alla Casa dell'Oca. I numeri del gioco sono già espressivi: le caselle sono 63, cioè 7 per 9; nove è il numero di ciò che è circolare, perfettamente compiuto, essendo il prodotto del tre, numero della perfezione trinitaria; sette è il numero centrale del testo biblico, anche nell'Apocalisse neotestamentaria (l'Agnello ha sette occhi e sette corna, sette sono i sacri sigilli, eccetera). La casella della Morte è al numero 58, 5 più 8 uguale 13, e la carta numero 13 è proprio la morte nei Tarocchi; 13 i commensali dell'Ultima Cena, tredicesima la fata cattiva nella fiaba della Bella addormentata, e si potrebbe continuare.Nell'antico Egitto si salutava l'incoronazione del Faraone lanciando quattro oche verso i quattro punti cardinali a testimoniare la rigenerazione celeste del mondo che il nuovo faraone (nuova incarnazione dell'eterno principio della divina regalità) portava con sé. E la migrazione delle oche selvatiche simboleggia l'eterno ritorno.«Alcuni studiosi – scrive l'autrice – hanno interpretato il Gioco dell'Oca secondo princìpi di un sofisticato allegorismo, per esempio decifrando le sue rappresentazioni in chiave massonica». Per nostra fortuna, tuttavia, «in questo saggio si è invece scelto di leggerli secondo i criteri del simbolismo semplice e spontaneo che traluce nel folklore, nelle narrazioni religiose e nelle fiabe, rivelando le sue architetture di senso a un approccio di tipo fenomenologico». Ne è venuta una lettura intelligente e suggestiva, mai presuntuosa, e per questo sapida e arricchente. Girare in tondo banalizza e spersonalizza; la linea retta fa dimenticare l'origine; la spirale del Gioco dell'Oca «in cui origine e fine, passato e futuro, alfa e omega si compenetrano, come poli cangianti del medesimo atto, offre un'alternativa possibile ai rischi della regressione e della dispersione. Soprattutto se si dona nella fresca gratuità del gioco, poetica metafora della creazione».
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