martedì 21 novembre 2017
Amava ripeterlo spesso prima di essere assassinato il 13 dicembre del 1998 nel Burkina Faso. Ciò che più temeva non era la cattiveria dei malvagi, ma il silenzio dei buoni. Lui, giornalista e militante della notizia, sapeva perché queste parole erano così importanti per lui. Norbert Zongo ancora oggi è una delle icone dei giovani nel Burkina e altrove, dove le orme di Thomas Sankara non sono state cancellate. Zongo stava indagando su vicende attinenti alla famiglia presidenziale quando alcuni sicari misero fine al suo anelito di verità. Hanno solo fatto risuonare ancora più forte il grido del suo corpo, trovato carbonizzato nell'auto. Erano in quattro e l'autopsia ha rivelato che sono stati tutti uccisi prima del rogo, in pieno giorno.
È davvero assordante il silenzio dei buoni, che lasciano correre perché così va il mondo da che mondo è mondo. Peggio per coloro che non sono preparati al cambiamento. Dovrebbe capire da che parte tira il vento del potere e chi comanda la nave di sabbia che naviga il pianeta e approda nel Sahel dei migranti. Il silenzio sulle stragi del Mediterraneo, conseguenti alle politiche omicide dell'Occidente. Il silenzio della politica, dell'economia, delle chiese visitate la domenica e delle moschee visitate il venerdì. È un silenzio di pietra, quello dei buoni, che arriva lontano e continua a fabbricare frontiere e si accontenta di dolenti dichiarazioni postume nei cimiteri di sabbia. Prima di lui, Norbert Zongo, era stato ucciso il capitano Sankara. Era un 15 di ottobre, era il 1987 nel suo Faso.
Entrambi temevano più il silenzio dei buoni che la cattiveria dei malvagi. Quest'ultima si vede meglio e, in definitiva, può essere identificata, combattuta e a volte vinta. Non così il silenzio dei buoni politici e religiosi, delle massaie, degli operai metalmeccanici, delle confindustrie, dei capitani di lungo corso e dei generali in pensione. L'insopportabile silenzio degli impiegati statali e quelli della Croce Rossa Internazionale, il silenzio dei costruttori di armi e di coloro che le vendono e usano, dei postini che stanno scomparendo dalle città, dei guardiani dei fari ormai meccanizzati e delle associazioni che gestiscono i centri di detenzione. Sono silenzi complici, che nulla hanno a che vedere con quello del vento che porta lontano le grida assenti.
Nel silenzio si armano i mercati e si disarmano i diritti. Primo tra tutti il diritto di andare da un'altra parte a inventare il mondo. I buoni tacciono mentre si fanno accordi di controllo, detenzione, espulsione e liquidazione. Non si dice nulla quando si deportano le parole assieme alla libertà di futuro. Si guarda dall'altra parte se mancano all'appello quanti un giorno erano partiti dopo aver baciato la madre e l'ultimo nato. Non c'è nulla di peggiore del silenzio dei buoni, diceva Zongo, giornalista nella cenere per le parole che aveva rubato alla menzogna. Gli facevano meno paura della cattiveria dei malvagi, scontata e se vogliamo anche grossolana. Ma il silenzio dei buoni quello no, gli era del tutto insopportabile perché è nell'impunità che si rapina la dignità dei poveri.
La cattiveria dei malvagi non passa affatto inosservata. Basta poco per accorgersi dello spogliamento delle materie prime, dell'appalto dei contratti per l'esplorazione dei giacimenti e lo sfruttamento delle miniere, del commercio di cocaina per il consumo europeo e della vendita degli schiavi in Libia. Tutto accade mentre si finanziano campagne militari e si formano eserciti per combattere il nemico costruito e foraggiato per anni con armi e tecnici. Ma non è questo che preoccupava l'amico giornalista Norbert che dal silenzio dei buoni è stato ucciso, proprio come temeva gli accadesse un giorno. Amava ripeterlo spesso agli amici che lo ricordano ancora. Non c'è nulla di peggio che questo: il silenzio dei buoni
che si girano dall'altra parte o tacciono per viltà. Il loro silenzio, continua a ricordare Zongo, è da temere più che le parole dei malvagi.
Niamey, novembre 2017
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