sabato 4 aprile 2015
«Dici bene tu che questo è un giorno di auguri, di serenità, di una nuova primavera. Hai già tutto e puoi fare festa mentre io sono un povero bambino nero e abito nel Kenya dove le uova di Pasqua non ci sono perché la cioccolata si scioglierebbe al nostro sole. Così dice la dottoressa che ci opera gli occhi. Mandami un po' di denaro, così mi toglieranno questo velo che mi impedisce di vedere i colori delle piante, le labbra dalla mia mamma, e il sole che mi brucia quando non so trovare riparo. Ti prego, vorrei fare la Pasqua il giorno che la farai tu, anche se sento cantare e immagino quello che ho attorno inventandomi cose che assomigliano all'aria che mi passa sul viso, al fresco della notte che bagna le mie spalle, alla mano che mi accarezza. Mi dicono che non si può spiegare come e cosa sono i colori, ma so che tu potresti aiutarmi. Vuoi?». Questa la voce di un piccolo che sta da tempo in fila con altri compagni in attesa che qualcuno si occupi di lui.E “Buona Pasqua” mi scrive un gruppo di bambine senza genitori, che hanno imparato a dipingere e disegnare lunghe file di pulcini e di fiori dello stesso colore giallo su una specie di carta da lettera che non oserò mandare a nessuno. Anche loro hanno bisogno di un segno di affetto e di interesse per la propria vita. Le voci di chi chiede sono infinite nel mondo e chi sa ascoltarne il suono pensa di disperare del futuro. Perché dovremmo essere felici il giorno di Pasqua, in fondo Nostro Signore ha scelto quella mattina, quando era ancora buio e noi stavamo dormendo, per andarsene dalla terra dove era stato male accolto e infine ucciso. Se ne è andato di nascosto quasi temesse di essere trattenuto. Allora perché liberiamo le nostre campane in onore della sua resurrezione quando non abbiamo la possibilità di vederlo, di toccarlo, di udirne la voce? Le Clarisse di Borgo Valsugana nel convento sulla collina accanto all'antico Castello, inviano così i loro auguri pasquali: «...aveva detto Papa Francesco: rinfrancate i vostri cuori. Che vuol dire lasciarsi alle spalle l'abbattimento, riabbracciare la speranza, avere un cuore riempito dal ricordo della misericordia quale parola definitiva sulla vita e sulle vicende umane. Il frutto della Pasqua è l'esperienza colossale di essere tutti peccatori perdonati, dunque solidali con chiunque». Grazie sorelle Clarisse. Dal vostro giardino dove maturano grappoli d'uva, potete vedere il torrente del fondo valle e la vita del mio paese che può sempre contare sulle vostre preghiere. Grazie.
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