venerdì 5 ottobre 2012
Ma cos'ha questa Juve? È forse bisognosa di un carico di energie nuove per affrontare il doppio impegno? Ha pagato il salto di qualità fra l'Italia e l'Europa? Non ha calibrato al meglio il pur mini-turnover? Le manca la mano esperta di Conte per mutar volto e modulo in corso d'opera? O ha davvero due facce, una solare per il campionato e una imbronciata per la Champions? E per finire: è davvero scaduta la sindrome positiva dello Juve Stadium con lo sciopero bianco degli ultrà? Riassunti i dubbi, cerco una risposta sincera e razionale. All'indomani del fortunoso pari con lo Shakhtar Donetsk, si è detto soprattutto che tutto ciò che esalta nel giardino di casa si trasforma in depressione al contatto con formazioni straniere: storia antica, noi siamo poveri, debolucci e bruttini - dicono i Sapientoni - gli altri ricchi, potenti e fascinosi. Poi succede che lo sgangherato Milan di Allegri, abbondantemente sbertucciato, va a San Pietroburgo e piega lo Zenit di Spalletti, nelle ultime ore freddolosamente candidato alla panchina rossonera. E allora, come la mettiamo? Non c'entra, per caso, nel successo dei milanisti, l'infelice condizione dei russi? Spalletti - secondo prassi - trova elogi sperticati per Abbiati invece di amare critiche per i suoi, felicemente rappresentati solo dall'irrefrenabile Hulk. Ma non esistono risultati se non considerando il valore dell'avversario. Ecco allora cosa penso di questa Juve double face: troppo esaltata per una facilissima vittoria sulla sciagurata Roma di Zeman, troppo colpevolizzata per non aver saputo domare l'ottimo Shakhtar di Lucescu. Era da tempo - diciamo dalle migliori esibizioni del Barcellona guardiolesco - che non vedevo bel calcio come quello esibito da Willian, Teixeira e compagnia brasileggiante e sarebbe ora che prendessimo in maggior considerazione le migliori espressioni del calcio orientale, ucraino, russo (incidente Zenit a parte), e bielorusso (il Bate Barisov che maltratta il Bayern di Monaco). È cambiato il mondo, aldilà dell'abbattuta cortina di ferro, i poveri son rimasti poveri, anche dippiù, i ricchi son diventati satrapi del petrolio, del gas, delle armi (e anche d'altro su cui sorvolare) e si sono dati al calcio con investimenti grandiosi che hanno provocato una straordinaria immigrazione di brasiliani. Non mi stupisce, dunque, l'ottima performance dell'avventuroso Lucescu finalmente dotato di pedatori di qualità, cosa che non gli capitò a Brescia né all'incerta Inter di Moratti. L'ironico rumeno ha trovato anche le parole giuste per i suoi alla vigilia del viaggio in Italia: «Guardate la Roma di Zeman e fate il contrario». Con poche parole ha spiegato la doppia faccia della Juventus.
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