domenica 6 agosto 2017
Enrico Grandesso
La ricerca di una nuova – e non occasionale – dimensione europea delle nostre lettere nella modernità è il tema del volume miscellaneo Gli scrittori italiani e l'Europa, curato da Francesco De Nicola (Gammarò, pagine 240, euro 18,00). Il saggio iniziale di Elvio Guagnini indaga il ruolo delle riviste di cultura italiane nell'apertura ai nuovi influssi culturali europei, partendo dall'illuminista “Caffè” dei fratelli Verri fino a “Solaria”, uscita tra il 1926 e il 1934. Seguono scritti che spaziano dall'Andalusia di Elsa Morante alle letture elvetiche di Dino Campana, dalla rappresentazione del soldato tedesco nella narrativa resistenziale alla didattica in lingua straniera della poesia di Caproni.
Altri saggi si indirizzano al settore italo-francese – laddove Parigi, va da sé, fa la parte del leone. Ermanno Paccagnini tratta delle eclettiche corrispondenze giornalistiche che Ernesto Ragazzoni inviò alla “Stampa” a inizio secolo dalla capitale francese; mentre gli ultimi due testi suggeriscono il confronto tra le diverse esperienze parigine di Gabriele d'Annunzio, che vi giunse all'apice del successo nel 1910 e vi rimarrà fino all'entrata in guerra dell'Italia, nel 1915, e del ventenne Ardengo Soffici, che visse a Parigi tra il 1900 e il 1907 (ma vi ritornerà anche in seguito). Anita Ginella ripercorre con acume e ironia gli anni parigini del Vate, sottolineando come le sue opere teatrali scritte in francese (Il martirio di san Sebastiano, La Pisanella) benché musicate da Debussy e da Pizzetti siano state dei fiaschi clamorosi. Francesca Irene Sensini sottolinea invece l'inestimabile valore formativo degli anni parigini di Soffici: anni di povertà, ma in cui conobbe Rodin e Picasso, Apollinaire e Jarry. Lo studio e il confronto con la cultura francese di quegli anni farà sì che Soffici – negli anni della “Voce” – sia fondamentale nel portare a conoscenza in Italia, tra le altre, l'opera di Rimbaud e, in pittura, quella di Cézanne.
Questo volume contiene gli atti di un convegno di studi svoltosi all'Università di Genova nel novembre 2015. Nonostante la matrice accademica, si legge in modo scorrevole, grazie alla chiarezza della scrittura e alla limpidezza dei percorsi critici: segno che, quando gli studiosi si impegnano a scrivere non per il loro ego allo specchio ma per i lettori, il dibattito culturale fa un proficuo passo in avanti.
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