giovedì 22 gennaio 2015
Quando ero bambino le funzioni quotidiane coprivano l'intero anno liturgico e la Chiesa era il luogo più frequentato, spazio intimo e spazio pubblico di una comunità in cui le donne anziane determinavano con poche parole e molte orazioni l'esistenza quotidiana dei vivi e dei defunti.Ora non siamo 70 anime, la chiesa è sempre chiusa, apre i giorni di festa o quando c'è un morto e se ne celebrano le esequie. Don Luigi arriva e va sempre di corsa, non potrebbe diversamente provvedendo la liturgia di sei parrocchie. Per Natale e Pasqua un giovane sacerdote viene ad aiutarlo. Quest'anno è arrivato Padre George, giovanissimo, dall'India. Da tre mesi a Roma parla un italiano più che stentato ma sorride, intimorito e timido. Sul sagrato tarda ad entrare e ci chiediamo se e come fare per metterlo a proprio agio ma siamo incapaci. Poi ha inizio la Santa Messa e uno stato di grazia ci avvolge. I gesti solenni, le mani, le braccia, lo sguardo, i silenzi, sostengono la celebrazione. Al Vangelo di Giovanni: «al principio era il verbo …» non segue predica. Mai lettura è stata più faticosa, mai stata più penetrante. Viva. Tutti riconsegnati ad un sillabare incerto quella parola che può, deve, farsi nutrimento, celebriamo un mistero, celebriamo il sacrificio perfetto.
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