martedì 1 settembre 2015
Non c'ero, nel 1912, ma è come se. Sto scrivendo una particolare storia juventina, un decennio glorioso firmato Boniperti & Trap (ma già avevano vinto scudetti Vycpalek e Parola, con Giovanni otto), vissuto da campioni che si chiamavano Zoff, Bettega, Causio, Anastasi, Tardelli, Cabrini, Boninsegna, Furino - tanto per dirne qualcuno: ma erano tutti big - ed è normale che mi sia avventurato nel lontano passato, poi negli anni Trenta di Carcano e i suoi cinque scudetti (quattro e mezzo) fino ai giorni nostri. Il flop di questo inizio stagione, seguito al poker tricolore firmato Conte e Allegri, è lontano anni luce dalle magnifiche prestazioni juventine che hanno fatto nascere una leggenda, e mi riporta - come testimone diretto, per l'occasione - alla fine degli anni Sessanta, quando ripassando la storia, gli Agnelli decisero di affidarsi a Giampiero perché reintroducesse Stile & Disciplina ingaggiando campioni ma soprattutto chiedendo ai tecnici di tenere sempre presente il suo punto di vista, diventato slogan famoso eppur contestato principio: «Non è importante vincere, è l'unica cosa che conta». Boniperti l'ha firmato ma è secolare ideologia juventina improvvisamente dissoltasi contro l'Udinese e la Roma che hanno lasciato la nuova Juve desolatamente a zero. Altri sono negli stessi guai, peccato che alla Juve non sia consentito invocare scuse; ed è anche peggio sentire Allegri e soci parlare di mercato, di un Draxler perduto e di un Hernanes conquistato, un dono generoso agli amici (?) interisti che tentano di sanare il bilancio. La realtà - già evidenziata con l'Udinese ma esplosa a Roma - sa di fallimento: una squadra inesistente, con un centrocampo depirlizzato e affidato alla modestia di Padoin e all'albagia (giovanile) di Pogba, per non dire degli altri, presenti sul campo ma come inanimati, inutili per Mandzukic (che triste confronto con Dzeko, un toro scatenato, mentre lui fa la bella statuona), per il disperso Morata e lo spaesato Cuadrado; la stessa difesa - escludendo Bonucci - meriterebbe di esser presa a schiaffi da Buffon, l'anziano indomabile guerriero. Ho detto schiaffi perché mentre va a perdersi lo Stile è giusto che intervenga la Disciplina: in società, costringendo Marotta a non giocare con un mercato che aveva cominciato bene ingaggiando Dybala, l'unico positivo; nello staff tecnico, suggerendo ad Allegri strategie ben rodate, tattiche già affermate, dissuadendolo dal pretendere una Juve a sua immagine e somiglianza; quella bellissima che somigliava a Conte ha saputo governarla a dovere: continui a cercare un progresso senza avventure. Questa è la stagione che doveva mostrare una Juve più da Champions che da scudetto (ma a Casa Agnelli non si butta niente, si sa): quella vista domenica, dominata a tutto campo da una Roma gagliarda e intelligente che l'ha addirittura snobbata, fa paura ai fans. Si rifarà, non c'è dubbio, ma per tornare agli splendori di un quadriennio magico ci vuole un Agnelli in veste di leone. Un ruggito, e via.
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