sabato 27 novembre 2010
Era un personaggio di Walt Disney - l'Agnelleone - un ossimoro vivente, perfetta sintesi di bontà e severità ma anche, nell'espressione estrema, esibizione di debolezza e prepotenza. L'Agnelleone - detto anche Abele - mi è tornato in mente l'altra notte, osservando Rafael Benitez prima nel suo bunker/panchina eppoi - a vittoria sicura - davanti alle telecamere. Prima si mostrava quasi spaventato, per una lunga zumata è parso addirittura addormentato, ogni tanto prendeva appunti come ho visto far tanti, e alla fine gli unici pubblicati recano la firma di Helenio Herrera, colui che volle fino in fondo essere Mago e ne ha lasciato significativa traccia; dopo il gol di Cambiasso - risultato di volontà, energia e fortuna - Benitez l'ho visto addirittura baldanzoso, una sorta di Mister Gloriosus che, forte di una risicata vittoria, è andato proponendosi come l'Uomo Vincente fino a quel momento misconosciuto e anzi dai più
considerato, perdurando la crisi dell'Inter, comodo, predestinato Agnello sacrificale: è a quel punto che ho visto Rafa il Leone, pronto a sbranare i suoi critici, in particolare quelli - quorum ego - che hanno dubitato dei suoi metodi di preparazione. Ho anche pensato, vedendo negli occhi di Don Rafael lampi di malizia, che in realtà volesse far conoscere il suo disappunto non tanto ai cronisti e ai critici ma a coloro che, dall'interno della società, han fatto trapelare quelle informazioni evidentemente false e bugiarde. Qualche tifoso l'ha presa bene, l'evoluzione da Agnello a Leone, rammentando che il predecessore di Don Rafael, José Mourinho, faceva dell'energia straripante (e di una scoperta e furbesca cialtroneria, proprio come l'altra sera ad Amsterdam) l'arma sua migliore, sapendo poi trasferirla a un gruppo di volontari leonini capaci di conquistare, nel corso di una storica stagione, Tre Tituli per Mamma Inter e Papà Moratti. A proposito di personaggi stranoti con versanti inediti, il nostro corredo semiologico s'è arricchito nella stessa prolifica notte di San Siro del ripetuto Segno di Croce del Leader Massimo, un gesto mai visto prima (almeno da me), talché è stato riprodotto in sequenza sui giornali giusto a voler rappresentare per immagini il sollievo dopo la paura. Eravamo abituati a un Moratti dai segni forti, arrabbiato o gioioso, comunque aggressivo e mai sentimentale come qualcuno l'avrebbe voluto - ad esempio - quella notte al Bernabeu: per l'occasione ricordai che Mourinho alla vigilia aveva detto «lo farò piangere» e invece era stato il presidente-dal-ciglio-asciutto a far piangere lui. Ora, a cerimonia finita, abbiamo un Moratti doppiamente... pericoloso, perché convinto di avere una squadra forte, bisognosa di rari rinforzi e soprattutto di un Benitez sempre più Leone. Buona domenica, Don Rafael.
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