giovedì 1 aprile 2021

«Se si chiede a un musulmano dove abita il suo Dio, egli additerà il cielo e dirà: Dio abita lì. Se si fa la stessa domanda a un indù, indicherà la terra, gli animali, i fiori, e dirà: qui, ovunque abita Dio. Se si fa la stessa domanda a un buddista, indicherà un monaco che siede in meditazione e dirà: Dio è lì. Se si fa la stessa domanda a un cristiano, dalla cena in poi, questi indica un pezzo di pane e un calice di vino e dice: questo è Dio. Si tratta di fame e di mangiare, di nutrimento e di assimilazione. Si tratta della nostra vita, ovvero di ciò di cui viviamo». Così Eugen Drewermann nel suo famoso commento al Vangelo di Marco. Si capisce che la fede cristiana sia figlia degli assetati e degli affamati che non possono volgere neppure gli occhi intorno a sé per vedere la bellezza del mondo. Che hanno bisogno, prima, di rischiarare la vista. Che prima di levare lo sguardo sull’azzurro del cielo hanno bisogno di nutrirsi del rosso della terra. Di dissetarsi d’acqua pulita, di fonti di giustizia. Vino d’amore, pane di speranza: qui abita il Dio dei cristiani. E qui passa la loro credibilità: sulla condivisione della fame.

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