mercoledì 15 aprile 2009
Giovedì santo Benedetto XVI ha detto inconciliabili con la fede cristiana certe tesi di Nietzsche, e subito strilli: Gravagnuolo ("Unità", 10/4, p. 38): "Anatema del Papa"! Volpi ("Repubblica", p. 45): "Contro Nietzsche"! E se il Papa ne avesse elogiato alcune pagine, p. es. il "profetico" annuncio della cosiddetta "morte di Dio" ne "La Gaia Scienza"? Aspre proteste per "l'indebita appropriazione"! Fuori dal coro invece su "Libero" (11/4, p. 1 e 33) Marcello Veneziani: "Se Dio è morto i killer sono molti". Per lui Benedetto "ha evocato mezzo Nietzsche", quello dei "deliri" ultimi, non quello del "rifiuto del materialismo e della nostalgia del Cielo". Però Veneziani riconosce che il Papa ha parlato da "pastore di popoli e credenti". E allora? Allora Nietzsche ha sentito prima di tanti altri che un certo tipo di pensiero e di prassi portava ai tentativi tragici di utopie di onnipotenza mondana poi scatenatesi non solo in libri, ma fino ad oggi anche in eventi mondiali di preteso assolutismo: comunismo, nazismo, finanza mondiale disumana. È anche vero che su quella sua linea hanno scritto geni come Leopardi, Dostoevskij e Rimbaud, ma va detto che la Chiesa del XX
e XXI secolo ha accolto in pieno la conseguente sfida di nichilismo e relativismo assoluto: il Concilio intero è risposta ecclesiale, fraterna e solidale a questa sfida, e Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto possono leggersi come grandi interpreti " e con loro tutto il Popolo di Dio " di questa risposta. Con buona pace di chi " Gravagnuolo e Volpi, ma non Veneziani " se non parla male del Papa non sa che scrivere.
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