sabato 23 gennaio 2010
Se c'è una cosa fatta bene dal Signore è lasciarci all'oscuro del nostro domani. Come si potrebbe vivere sapendo cosa ci può succedere la prossima settimana, il prossimo anno? Il dolore diventerebbe insopportabile, la gioia perderebbe quella intensità dovuta all'attesa. Quel velo che abbiamo davanti agli occhi che ci impedisce di vedere con chiarezza il nostro futuro è la salvezza del mondo stesso. Perderemmo, nella conoscenza di un destino già noto, l'interesse a qualunque progetto, la spinta a migliorare il tipo di vita, a occupare il nostro tempo alla ricerca di ogni campo del conoscere. Perderemo la facoltà di amare perché l'amore ha bisogno di mistero per essere «per sempre». Lavorare non avrebbe più senso e dare la vita a un nuovo essere non avrebbe più una ragione. Sapere con certezza quale sarà il nostro domani porterebbe la terra velocemente alla sua distruzione.
Il libero arbitrio ci dà la possibilità di accettare il nostro futuro perché noi stessi, per quello che ci riguarda, lo possiamo preparare. Sembra una contraddizione e invece fa parte della natura. Anche la pianta non sa se e quando il vento la farà cadere, ma conosce quale sarà il ritmo del suo crescere e non si ferma nell'attesa o nella paura. Gli animali, quei pochi cui abbiamo permesso di vivere ancora liberi nei loro territori, fanno i loro piccoli senza pensare a chi li caccerà. Quello che chiamiamo destino non è che lo sguardo di Dio che vede le cose che noi stiamo preparando, prima di noi. Non conoscere il nostro domani fa che gli uomini e le donne forti possano rischiare nelle avventure economiche, politiche, spirituali spendendo come denaro il proprio coraggio, la fantasia, la fiducia nell'umanità tutta. Guardiamo ai costruttori delle democrazie, agli amanti della libertà, ai confessori di una fede: essi non hanno risparmiato i giorni della propria vita nell'attesa del futuro.
La terra che abitiamo ha una sua anima di fuoco che non conosciamo abbastanza per poterla contenere, così ogni tanto si spacca con rumore e pianto, semina terrore e lascia lacrime infinite. Allora siamo tutti portati ad aiutare chi è stato colpito, quasi una gara a chi fa di più, addirittura si litiga per arrivare prima di altri. Ma quanto durerà questo sentimento di fraternità. Cosa si farà dopo, quando i morti avranno trovato sepoltura, i vecchi avranno mangiato e una parte dei bambini avrà trovato nuovi genitori. Come ci occuperemo di questa gente che ha sempre vissuto nella povertà più assoluta, ignorata dal resto del mondo? Noi che non vogliamo riconoscere che siamo dei privilegiati dovremmo collaborare per offrire loro un mondo migliore. Non importa se avremo il tempo di vederlo, se non sarà quello che potevamo sperare, perché importante è avere creduto e lavorato per il loro domani. Quel velo che abbiamo davanti agli occhi ci aiuterà a portare avanti un giorno dopo l'altro il compito di vivere con serenità perché la vita per se stessa merita il nostro sorriso.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: