domenica 15 gennaio 2012
Momenti di dolore lacerante e gravi difficoltà si sono succeduti, per alcuni anni, a settimane di stupita serenità; una gioia familiare, domestica, che mai ci eravamo potuti permettere. Ogni mia giornata ed ogni mio pensiero sono stati dedicati alle necessità di mia madre, sempre più vecchia e malata, sempre più bisognosa di attenzioni. Le si illuminavano gli occhi quando, d'improvviso, un ricordo trapassava il vuoto che la stava avvolgendo e, con stupore, cercava le parole per dirmi dei pochi anni vissuti con mio padre; la vecchiaia è stata l'altra bella stagione della sua vita. La prendevo in giro quando potevo permettermelo - servita e riverita come una regina -.
Ridevamo di lei che malattia e vecchiaia, come un incantesimo, avevano trasformato in signora; Lei che si era fatta serva per mantenere la famiglia quando le cose andavano male. Ridevamo di me, immagine perfetta di figlio succube, mammone vita natural durante, ed ero stato personificazione dell'alternativo, della trasgressione; ridevamo di noi che sperimentavamo, contro ogni logica, la dolcezza del vivere. - Una madre col suo figliolo - rispondeva a chi, incontrandoci nel nostro girovagare, si complimentava con noi. A chi mi chiedeva di progetti futuri rispondevo bruscamente - non c'è niente oltre questa quotidianità che basta a sé: la casa, la Chiesa, la stalla e i cavalli -.
Una vita entro limiti che solo un'arrogante superficialità può definire angusti eppure questo è il pensiero dominante nel nostro tempo. La morte di mia madre ha lasciato spazio ad un tumultuoso rincorrersi di pensieri e sono stati i cavalli a propiziare le novità. Ora, anno di grazia 2012 appena iniziato, il pensare lascia posto all'operare e le cose vanno di fretta. E' in atto, giorno su giorno, gesto su gesto, ritmo, polvere, un teatro barbarico montano per una compagnia formata da 11 cavalli e 3 umani.
Dicono bisogna essere folli per cominciare un'attività in un periodo di grave crisi economica, sarà vero. Dicono ci siano cose ben più importanti a cui dedicarsi, falso, capita che siano le cose più piccole, o a lato, ad essere illuminate.
L'interesse per il mistero in cui affonda la condizione umana, l'amore per le mie montagne, la loro storia, un sempre rinnovato stupore di fronte alla meraviglia della Creazione hanno trovato in 8 cavalli maremmani e 3 cavalli d'Appennino il pretesto e insieme il punto di forza su cui costruire, con due complici d'avventura, una disciplina fisica e mentale, un luogo di esperienza e conoscenza tra storia e geografia. Uno spazio di cultura perché si sta a cavallo col culo, gambe e braccia sono aiuti fondamentali, ma è la testa a comandare e va sostenuta. Un teatro di uomini cavalli e montagne perché questa è la nostra storia e può darsi sia il nostro destino.
Nel tempo della comunicazione perfetta, in tempo reale, in connessione totale, bar-bar/barbarico è diventato il linguaggio dell'uomo. Aumenta la quantità delle parole pronunciate, si perfezionano i modi del comunicare, abbondano manuali d'istruzione all'uso, contratti e polizze, codici legislativi, regolamentazioni e relativi parametri di verifica e controllo, ma è balbuziente la parola intima e farfuglia la parola pubblica. Tra la pretesa di una radicalità senza grazia e una volontà di potenza ormai disincarnata e immateriale i cavalli restano, per noi, immagine mutevole di grazia e di potenza. Il sole li scalda, li lava la pioggia li pulisce, li seleziona il gelo li irrobustisce; li spazzola scirocco, li striglia tramontana che possano risplendere alla luna. Sia lode al Creatore.
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