sabato 5 luglio 2014
«Il mestiere è ciò che non si può imparare». È una delle fulminanti affermazioni di Picasso, massime sapienziali e insieme aforismi. Questa, poi, vale un trattato sull'esperienza umana dell'arte, o meglio sulla realtà dell'Homo Faber, colui che, per vocazione, segue, a differenza della stragrande maggioranza degli umani, un'indicazione magica al suo fare, un segno fatale. Poche volte come in questi aforismi il miracolo dell'artista all'opera appare con la nitidezza di un lampo, e come tale però scompare con la stessa fulmineità con cui era apparso, lasciando nel lettore un senso di inappagamento. Certo perché era talmente concentrata la verità espressa, e talmente lampante, che qualcosa subito sfugge, e ardua è la ricostruzione logica. Ardua, ma possibile. Noi sappiamo che mestiere è, in tale sfera, qualcosa di affine a lavoro, studio, pratica, esercitazione, ricerca. Fatica, perfezionamento, prove su prove…Certo, da Fidia a Michelangelo noi vediamo l'artista impazzire di lavoro nel suo laboratorio. Ma quello, insinua Picasso, quello è lo studio, il lavoro. Il mestiere è quel talento segreto che grazie a quello studio crea un'opera unica, di ordine superiore. Che non è frutto dello studio. Chiunque altro non raggiungerebbe con lo studio quel risultato. Il mestiere è il talento, il dono. Il mistero.
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