Il manifesto artistico e spirituale di Couperin nelle «Leçons de Ténèbres»
domenica 16 luglio 2006
Ascoltando le Leçons de Ténèbres di François Couperin "le Grand" (1668-1733) tornano alla mente le opere del pittore Georges de La Tour: quadri dipinti in punta di pennello, atmosfere "notturne" rischiarate dal lume di una candela, in cui la forte carica emotiva e drammatica non assume mai dimensione teatrale, ma viene sminuzzata in tanti piccoli fremiti di pura e intima poesia. Qualcuno ha scritto che Couperin, già organista presso la Chapelle Royale di Versailles al tempo di Luigi XIV, «è il simbolo musicale del tramonto del Re Sole, così come Lully era stato il rappresentante tipico del grande splendore del "Grand siècle"»; in effetti, nella musica composta per accompagnare i versi tratti dalle "Lamentazioni" del profeta Geremia, più che gli echi delle sfarzose cerimonie di corte prevalgono i toni soffusi e contemplativi in cui trovano espressione le passioni dell'anima, i dolori, le speranze, l'abbandono alla grazia divina.Sotto il titolo di Leçons de Ténèbres sono riuniti tre pezzi per una o due voci e basso continuo, concepiti appunto per il suggestivo Ufficio delle Tenebre del Mercoledì Santo; pubblicati intorno al 1713, furono espressamente richiesti dalle Clarisse di Longchamp, presso la cui abbazia, durante la Settimana Santa, si dava appuntamento la nobiltà parigina per assistere alle funzioni religiose e, soprattutto, al loro ricco apparato musicale. L'ottima interpretazione che di queste pagine ci offrono i soprani Johannette Zomer e Anne Grimm, insieme con l'ensemble La Sfera Armoniosa diretto da Mike Fentross (Sacd "hybrid" pubblicato da Channel e distribuito da Jupiter), si impone da subito per il clima di profondo raccoglimento fedele alla sacralità del rito liturgico e dei suoi tempi intrinseci, scanditi da melodie fluenti e da quelle continue pause di sospensione che rappresentano le diverse tappe attraverso cui si accompagnava il progressivo spegnimento delle candele fino alla più totale oscurità, a simbolizzare la discesa di Gesù agli inferi. Il manifesto artistico e spirituale di un compositore che, in un'epoca in cui il fasto e l'apparenza dominavano ogni campo della vita e dell'arte, non esitava ad affermare: «Confesso di essere più attratto da ciò che mi commuove che da ciò che mi stupisce».
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