venerdì 21 marzo 2014
Oscar Farinetti, a ragione considerato uno dei più illuminati imprenditori italiani, è un fiume in piena. E come tutti i fiumi (in piena), talvolta esonda dall'alveo. Ha aperto i megastore del gusto, Eataly (25 fra Italia e resto del mondo) e il progetto d'espansione non è finito. Che dire? Finalmente la filiera del gusto è in mani italiane, in una congiuntura in cui si svende molto. Lo conosco dal suo esordio a Torino, lo ricordo a tavola a ragionare sull'evoluzione del prodotto italiano da promuovere e a bere vini biodinamici che esprimevano purezza. Ha dei valori e anche una passione per la politica, che gli ha trasmesso il padre, mitico comandante partigiano. Ma talvolta esonda, come quando dichiarò che se avesse vinto la Lega in Lombardia non avrebbe aperto un Eataly, ma un Kebab, salvo poi chiedere scusa al presidente Maroni che l'altro ieri lo ha omaggiato dell'inaugurazione dell'Eataly milanese, assaggiando simpaticamente il manzobab. Ma sempre a Milano, nell'ex teatro Smeraldo, è riapparso il terzo volto del nostro: il Farinetti-teologo. Già tre anni or sono, in barca con Soldini, aveva dettato le sette cose buone per l'Italia, fra queste «Meno Chiesa più Gesù». Gli scrissi una lettera aperta, dicendogli che se fosse stato in piazza San Pietro alla beatificazione di Giovanni Paolo II avrebbe scoperto che le due cose coincidevano; e lui mi rispose civilmente dal mare aperto. Allo Smeraldo ha invece fatto coppia con Cino Tortorella, volto del noto mago Zurlì, per dichiarare che va abolito il peccato di gola. Scriveranno una lettera al Papa, hanno dichiarato ai quattro venti. Tuttavia, e scherzi a parte, sulla gola è interessante capire se questa sta diventando, tra il serio e il faceto, il vero idolo dei giorni nostri, osannato fra trasmissioni televisive e megastore, oppure se a tema c'è il gusto, una realtà che racconta l'Italia, anche attraverso Eataly, che lo rappresenterà all'Expo. E a proposito di Expo, nel 2008, all'ultima sessione davanti ai membri del Bie, prima del verdetto favorevole di Milano, fui scelto tra i membri del Comitato Scientifico per parlare proprio di questo aspetto. Dissi che il gusto era una cosa che esisteva, e non per ricchi o per poveri, ma un fattore presente in tutto il mondo, molto articolato in Italia. Se avessi parlato di gola, non mi avrebbero compreso, forse mi avrebbero contestato. Stiamo dunque nell'alveo di questa misura: il gusto è la rappresentazione di un dono per tutti; la gola è un vizio. Talvolta anche pericoloso per la salute.
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