sabato 3 aprile 2021
«L'industria dei servizi finanziari sta ingannando il pubblico con le sue pratiche di investimento sostenibile pro-ambiente. Wall Street sta lavando di verde il sistema economico e sta creando una distrazione mortale». Fa riflettere il recente j'accuse di Tariq Fancy, ex ceo del dipartimento sostenibilità di Blackrock, il colosso americano degli investimenti. Provocazione estrema o realtà nascosta? Da applicare solo al mondo della finanza o anche al sistema delle imprese? Il quesito è complesso, forse irrisolvibile. Oggi è quasi impossibile trovare un piano industriale di una grande azienda che non sia pervaso dalla "sostenibilità" e dalle sue declinazioni. E intorno alle nostre imprese, in questa fase storica, tutto sembra convergere in direzione della sostenibilità. A partire dal sentiment dominante nelle opinioni pubbliche europee, che la strategia della Commissione Europea a guida Von der Leyen ha sintetizzato in un principio di fondo: «Lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta» alle generazioni che verranno. La ripartizione delle risorse del Next Generation EU – che dedica al Green New Deal ben il 37% dei fondi – ne è la logica conseguenza. Strettamente coerente con il travolgente successo negli ultimi anni delle emissioni di green bond e social bond sui mercati finanziari. Ma per stabilire se tutto questo rappresenti una vera corsa alla sostenibilità o soltanto una moda dettata dal marketing, almeno rispetto al sistema imprenditoriale esistono una serie di criteri oggettivi. Uno di questi è il livello di applicazione dell'economia circolare nei processi produttivi. Da questo punto di vista, dati e segnali per l'Italia sono molto incoraggianti: secondo le analisi della Fondazione Symbola, l'Italia è oggi una superpotenza del settore. Siamo il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti (79%): è più del doppio rispetto alla media dell'Unione. La filiera italiana del riciclo vale oltre 70 miliardi di euro di fatturato e 213.000 occupati, permette di risparmiare ogni anno 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e di evitare l'emissione di 63 milioni di tonnellate di CO2. Questi dati sono il frutto dell'elevato livello di innovazione "reale" (di processo e di prodotto), spesso poco visibile nei bilanci, che caratterizza da decenni le imprese italiane e più in generale del nostro approccio al fare impresa. E possono indurci a concludere che, almeno in Italia, sia in corso una trasformazione profonda delle nostre aziende. Non green e social washing, dunque, ma imprese (più) sostenibili.
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