venerdì 21 maggio 2010
Ecco Del Neri sulla panca della Juventus e scatta lo scetticismo dei tifosi. Incoraggiante. Nel senso che produce paradossalmentemente fiducia nel friulano "inventore" del Chievo chiamato a rimbellettare la Signora Pallida, amara dirimpettaia del terzo piano: quello che immette - ahilei via preliminari - nell'Europa League. Il vero fenomeno della Juve dalla Caduta alla Resurrezione è in verità
mediatico: poco calcio, nel senso di poca tecnica, poche vittorie, molte sconfitte (come cinquant'anni fa), campioni ingrigiti. Ideali smarriti. Solo chiacchiere e distintivi. Rumori senza idee. Fate caso: Del Piero resta a casa dal Sudafrica e tutti tacciono; la scelta di Lippi è sì ineccepibile, ma il tifo, la passione, l'amore per Alex dove son finiti? Quando esiste, si grida: contro ogni logica. Irrazionalmente. Presto agli juventini uno slogan bolognese (Torre di Maratona 1964): "Del Piero è una fede". Macché. Del Piero è scaricato, il suo clan con le magliette numero 10 disperso: stai a vedere che Del Neri può finalmente lavorare libero e non dipendere, come i suoi predecessori (Capello escluso) dagli umori/amori di Alex. Dicevo del tifo bianconero: quello più gridato e sfacciato è inattendibile. E non voglio neanche parlare di quello che ricatta la società e si macchia di violenza e razzismo. Nei mille e passa blog juventini la tecnica è passata di moda, forse insieme alla competenza. Si dibatte solo di Moggi, di Calciopoli, degli scudetti di cartone, di odio odio odio (personalmente ne so qualcosa) o di fantamercato. Va da sé che un ruspante come Del Neri sia sospettato di modestia, soprattutto da quelli - e son tanti, in casa bianconera, alcuni addirittura "intellettuali" - che invidiano all'Inter il Grande Mou, il SuperbOne, l'AntipaticOne e non si sentono adeguatamente rappresentati da un italianuzzo che ha fatto la gavetta, uno con mezzo baffo, un po' farfuglione, ma se lo capisci - mica facile - esprime calcio con la facilità del maestro che sa spiegarlo anche agli Alunni del Sole, quelli che credono di saper tutto e - come si è visto - non è proprio vero. Sa tanto di calcio, il sor Gigi, che riuscirà a mettere a posto anche il povero Diego che ancora si chiede dov'è finito. (Ma nel frattempo, non per gli esteti ma perché noblesse oblige, si merita una cravatta). Per chi non c'era - e comunque non sapesse di storia bianconera - voglio dire che Gigi Del Neri mi ricorda tanto Carlo Parola e Cestmir Vycpalek, quegli omaroni di poche parole (Carlo forte di una storia personale importante ben rappresentata dal marchio delle figurine Panini che ancora lo ritrae nella mitica rovesciata difensiva, "Cesto" rotondo e suadente, operaio di mani e di sapere) e di molto lavoro; nonché ricchi di modestia, prudenza, saggezza: ubbidivano a Boniperti. E vincevano scudetti prima che arrivasse il Trap. Ecco il punto: Boniperti. Non oso confronti e tuttavia voglio dire a Marotta di tentare d'avvicinarsi il più possibile al Grande Capo Bianconero, uno che in silenzio si mangiava gli Habla Habla e si mangerebbe i Mou affabulatori e arroganti. Marotta, come Boniperti, ha un Agnelli cui dar conto, con cui scambiare idee e progetti a breve termine, perché la Juve ha fretta di rinascere. Andrea Agnelli, poi, ha dalla sua anche Montezemolo che gli ha indirizzato un messaggio affettuoso. Detto fra noi: cosa vuoi di più, dalla vita.
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