mercoledì 15 agosto 2012
Il più analitico e informato degli studiosi montaliani è il professor Paolo De Caro, vive a Foggia dove è nato nel 1941 e non è molto noto oltre la schiera degli specialisti perché pubblica presso editrici di nicchia i suoi studi che continuamente approfondisce. L'ha però valorizzato con ampie citazioni Rosanna Bettarini pubblicando da Mondadori, nel 2006, Lettere a Clizia, cioè il carteggio di Montale con la sua principale ispiratrice, Irma Brandeis. Non poteva essere diversamente, perché De Caro (che per due legislature, 1976-1983, è anche stato parlamentare comunista) a Clizia ha dedicato due testi fondamentali, Journey to Irma (1996-1999) e Irma politica (2001). Il più recente lavoro di De Caro è Quel giorno “troppo folto” di Montale, pubblicato da Koiné Comunicazione (Foggia, 2011) in 240 copie fuori commercio «per gli amici dell'autore e i lettori di Montale», nel novero dei quali sono immeritatamente incluso. È un saggio vertiginoso per documentazione e scavo psicologico, 128 pagine dedicate a una sola poesia di Montale, Eastbourne. Allertato dalla rima «festa/arresta» che compare in Vento e bandiere (1926), poesia degli Ossi in cui si affaccia l'enigmatica Arletta, rima che riaffiora rovesciata in Eastbourne (1933-1937), De Caro mette a confronto quel ferragosto arlettiano a Monterosso con il Bank Holiday (l'equivalente inglese del ferragosto) di Estbourne.Eastbourne è la spiaggia inglese alla moda dove nel 1933 Montale trascorse una vacanza con Drusilla Tanzi, la “Mosca” che il poeta sposerà con rito religioso nel 1962 e con rito civile nel 1963, dopo che nel 1958 era morto il marito di lei, il critico Matteo Marangoni. De Caro è insuperabile nell'identificare, in Eastbourne, il sovrapporsi di due interlocutrici: Arletta, che il poeta nei suoi depistaggi autobiografici aveva sempre designato come «persona morta giovane di malattia inguaribile», e Clizia-Irma, la scrittrice americana conosciuta nel luglio precedente suscitando la gelosia della Mosca che minacciava il suicidio qualora Montale avesse seguito Irma negli Stati Uniti. In realtà, e gli studi di De Caro in Invenzioni di ricordi (2007), di cui è annunciata una nuova edizione accresciuta (speriamo affidata a un editore commerciale) era la sedicenne Anna degli Uberti che il ventiquattrenne Eugenio corteggiò nelle vacanze del 1920, e poi rivide un paio di volte prima dell'ultimo incontro del 1928. Anna morirà nubile nel 1959, probabilmente senza sapere di essere stata una grande ispiratrice del Nobel 1975.Ma il “privato” del poeta assurge a emblema del disagio epocale: Arletta e Clizia, entrambe ebree, adombrano la crisi politica degli anni Trenta, con i rumori di guerra all'orizzonte e il “disagio della civiltà” che De Caro sviscera attraverso le contrastanti ipotesi di Spengler e di Huizinga, nonché di Benedetto Croce. Montale non è mai stato un politico militante, ma sempre ha opposto alla barbarie nazista e fascista la “decenza” di una moralità che spera, nonostante tutto, nel prevalere del Bene sul dilagante Male. De Caro notomizza il complesso dibattito che sta dietro i due versi strofici «Vince il male... La ruota non s'arresta» e «Anche tu lo sapevi, luce in tenebra» e ci dà di Eastbourne un'interpretazione chiarificatrice che lascia ammirati e stupefatti. Ma qui si aprirebbe un discorso che fortunatamente il rigaggio di questa rubrica non consente. Davvero il riscontro biografico del poeta “spiega” la poesia? Certo, scava nello spessore da cui emergono i versi, ma la magia della parola resta intatta e l'enigma non recede. L'enigma che il lettore di Eastbourne ha già colto non come mera oscurità, ma come vertice di un sommerso che impone il rispetto anche inesplorato. E in ciò, appunto, sta il fascino di questa e di ogni autentica poesia.
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