domenica 3 ottobre 2010
Quando, anche soltanto a livello filosofico, si parla di Dio e, come nel caso in questione, della sua volontà, occorre evitare alcuni errori. Primo: pensare a un Dio a compartimenti stagni (qui la volontà, lì la misericordia, là la salvezza"). Al contrario, Dio è tutt'uno: volontà, amore, creazione, Parola, Spirito, misericordia. Secondo: l'impossibile confronto tra la sua volontà e quella dell'uomo: infinita ed eterna la prima, finita e temporanea la seconda, due realtà non confrontabili per la loro radicale diversità e perché la natura di Dio è al di fuori di ogni nostra possibile conoscenza. Terzo: dimenticare quello che, si potrebbe affermare, è l'essenziale di Dio, la misericordia. Perciò non può essere vero ciò che Emanuele Severino scrive (Corriere della sera, 30 settembre) a proposito di un «dilemma della preghiera», che sembra piuttosto un sofisma sulla preghiera. Il filosofo parte dal principio che «a Dio si può chiedere solo quel che egli vuol dare. Si può volere solo quel che egli vuole». Di conseguenza, scrive, «è necessario che chi vuole che sia fatta la volontà di Dio, sia convinto di essere il giusto, il buono, il santo, perché, se fosse incerto di esserlo, sarebbe in dubbio anche sul proprio "star volendo" quel che Dio vuole». Sembra proprio che il filosofo abbia fatto l'errore più grave: dimenticare la Misericordia divina, perché proprio questa ha dato all'uomo la possibilità di pregare soprattutto quando è nel peccato, cioè quando sa di volere ciò che Dio non vuole (vedi San Paolo, Rm 7,16-16). Proprio il santo è colui che ha la maggiore consapevolezza del proprio peccato ed è la preghiera che lo santifica. Del resto la Scrittura ebraica descrive addirittura le "trattative" dell'uomo con Dio: si pensi, per esempio, ad Abramo e a Mosè e ai "pentimenti" che, con il limitato linguaggio umano, le stesse Scritture descrivono di Dio. Non sono i sofismi e neppure la filosofia i migliori strumenti per esplorare Dio. Meglio fede e teologia.

SOLO DONNE?
Nel suo ultimo libro, di cui La Repubblica (27 settembre) anticipa un brano, e in cui sostiene l'idea di «una guida del Paese per metà in mani femminili» e mette sotto processo la Chiesa "maschilista", Umberto Veronesi si serve di uno dei soliti svarioni dei "laici": «Sotto la croce di Cristo morente c'erano solo donne». Professore, legga i Vangeli: Matteo: «Alcuni dei presenti" Uno di loro..,. gli altri"»; Marco: «Alcuni dei presenti" Un tale" Il centurione"»; Luca: «I soldati lo schernivano" Il centurione" Anche tutti quelli che erano convenuti"»; Giovanni: «Queste cose fecero i soldati" Gesù vide presso la madre il discepolo che egli amava" Uno dei soldati con un colpo di lancia"».

COMARE O COMADRE?
L'Antilingua continua ad autogenerarsi. L'ultimo suo prodotto è stato lanciato, il 27 settembre, dalla pagina che l'Unità riserva agli omosessuali e nel quadro della campagna per il loro cosiddetto "diritto" all'adozione e alla fecondazione artificiale (ovviamente eterologa). Si tratta della "co-madre" e indica, in una coppia di donne gay, la "compagna" di una mamma fisiologica o adottiva insomma, la comadre. Peccato che questa abbia (dal latino cum e mater) un palese legame con la non sempre apprezzata "comare".
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