sabato 22 ottobre 2016
Occasione attuale: ieri sul “Messaggero” (pp. 1 e 16) la collega Franca Giansoldati riporta brani di una conversazione nella quale il Dalai Lama, in visita a Milano, ricorda le difficoltà con il governo cinese, comunista, che «di per sé non ha alcuna religione, non crede in nessuna fede, tantomeno nel buddismo, anche se in Cina ci sono 400 milioni di buddisti praticanti». Un fatto, ed ecco il seguito: «Mi permettete una divagazione? Mi hanno detto che Berlinguer, che era comunista, ma aveva tanto rispetto per la religione, portava ogni domenica la moglie in macchina in chiesa. Questa cosa mi ha colpito tanto... ». Seguono altre battute, ma colpisce questa serena riflessione di oggi da parte di Tenzing Gyatso – ricordo qualcosa di simile anche in una intervista a Mixer su Raidue, anni 80 del secolo scorso – e posso confermare che talora, discretamente e silenziosamente, alla Messa domenicale in qualche chiesa romana era presente la moglie di Enrico Berlinguer. Questi da parte sua con la lettera al vescovo Bettazzi (autunno 1977) aveva esplicitamente escluso dagli ideali del partito ogni pretesa ideologica sia «teista, sia ateista, sia antiteista». Vero che poi la cosa, anche per opposta resistenza sia di uomini del suo partito che di uomini di Chiesa e di politica non è stata concretamente realizzata per lunghi decenni, ma il ricordo serve a non dimenticare che quello era, o sarebbe stato, un passo avanti verso la piena libertà democratica e un'autentica laicità, sempre difficile da coniugare ancora fino a oggi, e da più parti. In ogni caso auguri alla dignità del Dalai Lama e alla sua serena memoria che sorride anche quando ricorda cose dolorose e urgenti: la speranza è la più piccola delle virtù teologali, come magistralmente la cantò Peguy, ma nella prospettiva biblica (Rm. 5, 5) è quella che «non delude».
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