martedì 31 marzo 2020
La rapidità esibita dalla Juventus nel “taglio” degli emolumenti dei suoi giocatori perdurando lo stop all’attività ha ricevuto solenni encomi dalle istituzioni di settore come dal contesto sociale. Esclusi i social, dove i teppisti del web hanno diffuso veleni d’ogni genere, in particolare becera demagogia: togliere 90 milioni di euro a un gruppo di milionari – dicono – è procurargli un sacrificio ridicolo. Dà fastidio, a certi tifosi, il fatto che il club degli Agnelli sia risultato primo anche in questa azione non solo economica ma etica promossa – questo è il punto – non dal padrone ma da un dipendente, Giorgio Chiellini. Giorgio è il vero capitano della Juventus, componente fondamentale prima della premiata “BBC” (Barzagli, Bonucci, Chiellini) oggi dell’erigenda BCD (Bonucci, Chiellini, De Light). Ma i gradi conquistati sul campo anche come guida dei compagni non sono tutto: il rude difensore bianconero che ha partecipato alla conquista di otto scudetti consecutivi e di plurime coppe nazionali e europee ed è prossimo all’abbandono dell’attività per raggiunti limiti d’età (36 anni) sta già mutandosi in abile dirigente al punto di meritare un pur immaturo confronto con Giampiero Boniperti. Chiellini è diventato definitivamente juventino nel 2005, allenatore Capello che lo fa esordire il 15 ottobre in sostituzione di Nedved, l’altro che studia da dirigente – anzi lo è già – più che altro d’immagine. Chiellini no, è concretezza: pur giocando ha studiato e ha conseguito la laurea specialistica in Business Administration con lode dopo quella in Economia, una sul modello economico juventino e l’altra sul bilancio della società. L’Operazione Tagli va considerata, a mio avviso, non solo come uno spot a favore dell’immagine di una Juve sempre concreta, organizzatissima anche sul piano aziendale, ma un deciso passo verso un futuro piú sicuro, visto che nel presente accusa difficoltà di bilancio e in Borsa. Non si sa quando l’attività potrà riprendere né risulta gestibile comunitariamente il calendario del campionato e delle Coppe: è probabile che il calcio italiano patisca danni superiori ad altre nazioni europee e che l’Uefa finisca per dividersi proprio come sta facendo l’Europa, non in buoni e cattivi ma in sani e malati, con le federazioni del Nord decise a separare l’attività da quelle del Sud, Italia, Francia e Spagna in primis. Mi piace sottolineare, in questo frangente, mentre la navicella dell’ideale europeo rischia di sfasciarsi sugli scogli dell’egoismo nazionalistico, il commovente gesto di solidarietà dell’Albania nei confronti dell’Italia. Fummo generosi con i nostri dirimpettai ai tempi della grande crisi di Tirana dopo il crollo del regime comunista: i barconi scaricavano a centinaia sulle coste pugliesi i migranti che spesso indossavano – come per essere subito riconosciuti amici – le magliette della Juventus, dell’Inter, soprattutto del Milan di Silvio Berlusconi. Oggi ricambiano con aiuti sul piano sanitario, fornendoci tecnici e infermieri. Guarda caso, dopo avere ottenuto pochi giorni fa dal Consiglio dell’Unione Europea il via libera all’apertura dei negoziati di adesione all’Europa dopo un decennio di attesa. La Francia si è appena accorta che ai tempi del Coronavirus per quelli del Nord vale quanto la Povera Italia. Tutto questo si rifletterà – vedrete – anche sull’attività calcistica e sui contratti dei calciatori che sicuramente saranno gestiti adeguatamente dagli avidi procuratori. La Juve si metterà avanti anche con i rinnovi per evitare perdite di giocatori, ovvero di capitale. Può sembrare fantascienza, questa, ma un mondo come quello del calcio che macina miliardi non potrà estraniarsi dai problemi della futura azzoppata Europa.
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