venerdì 8 luglio 2022
In autunno si parlerà molto di Marilyn Monroe, morta tragicamente sessanta anni fa, un mito della storia del cinema cantato tra gli altri da Capote e alla sua morte in poesia da Pasolini e dal prete Ernesto Cardenal. Di lei tutto si può dire meno che sia dimenticata, mentre dimenticato è un attore che certamente piaceva molto a Marilyn, John Garfield, morto nel 1952 a 39 anni e nel pieno di una straordinaria carriera di venuto dal basso. Quando morì il 21 maggio di settant'anni fa io avevo quindici anni e sentita la notizia alla radio, la mattina presto prima di andare a scuola, non mi vergogno di dire che piansi, come mi accadde più tardi - ed ero già adulto - per Fausto Coppi e per Adriano Olivetti. Andavo al cinema quasi ogni giorno e sapevo tutto quel che si diceva degli attori (e ben poco dei registi) sulle riviste che allora accostavano al cinema - "l'arte del '900" - masse di spettatori analfabeti e alfabetizzati. Garfield mi piaceva più di tutti perché, nei film della casa di produzione più di sinistra del tempo, la Warner Bros, incarnava il giovane proletario metropolitano in lotta con una storia - una società - avversa. In film come Il postino suona sempre due volte (dal bel romanzo di Cain, che era stato già portato in cinema da Visconti nel suo film di debutto, Ossessione) e soprattutto come Stanotte sorgerà il sole di Huston, su una fallita rivoluzione cubana, e Anima e corpo di Rossen, sulla carriera di un pugile venuto dagli slum, e Perdutamente su un violinista venuto dagli slum, e infine in un piccolo quasi-capolavoro misconosciuto di Michael Curtiz, Golfo del Messico, tratto dal duro Hemingway di Avere e non avere. E sì, Garfield fu anche a suo modo un personaggio hemingwayano! Mi commuoveva sapere che era stato salvato dalla strada e avviato alla recitazione (e alla boxe!) da Angelo Patri, un grande educatore d'origine campana, ed è per questo che più tardi mi occupai dei suoi scritti e di uno scrissi la prefazione. E mi commosse che, prima di venir lanciato dalla Warner, fu attore nelle compagnie di teatro politico e militante negli anni del New Deal a fianco di Clifford Odets commediografo e di Elia Kazan regista, e fu modello di recitazione per Marlon Brando, per Montgomery Clift, per Paul Newman e per James Dean in quell'Actor's Studio che rinnovò l'arte attoriale e di cui lui fu uno degli ispiratori e, credo, finanziatori. Ma Garfield era stato in quegli anni "un compagno", e in quanto tale contro di lui, attore celeberrimo, si accanì l'orrido McCarthy della "caccia alle streghe". Chiamato a deporre a Washington una seconda volta davanti alla Commissione per le attività anti-americane, morì d'infarto la notte prima dell'interrogatorio - dove avrebbe dovuto o "far nomi" di altri come lui e salvare in questo modo carriera e famiglia, o tacerli, e dunque perdersi. Al suo funerale presero parte più di 10mila persone, a New York, ma tutto passa, e anche il suo ricordo è da tempo svanito.
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