giovedì 6 febbraio 2014
Sui tetti di Cortina ci sono gli alpini intenti a liberarli dalla neve. Neve che cade da giorni e che tutto ricopre. Le strade, diventate impraticabili e percorse da mezzi di soccorso cingolati. Le case, incappucciate a tal punto da rischiare crolli. Le montagne, sommerse da uno strato bianco che non si vedeva da decenni. Il termometro del pericolo, l'indice caduta valanghe, è fisso sul cinque. A dire che di fuori pista, ciaspolate o altre avventure non se parla neanche.Sono migliaia le storie che in questi giorni, vedi gli articoli all'interno del giornale, raccontano la fatica e il costo (non solo economico) che le eccezionali precipitazioni stanno provocando nel Paese. Da nord a sud.Tra queste storie ce n'è una, di secondo piano, che merita di essere annotata. È quella di un cervo che smarritosi nella neve – o forse proprio da questa spinto – ha finito con il ripararsi in una stalla a due passi da Cortina. Da qualche giorno l'animale ha trovato rifugio e cibo tra vacche e polli di un'azienda agricola. E sembra che non sia neanche il solo: altri trenta capi ogni giorno si rifocillano nel fienile. Un'insolita convivenza tra animali d'allevamento e selvatici dettata dal disagio, ma anche una situazione che fa pensare al valore della presenza delle fattorie in montagna. Una montagna, quella non turistica, a rischio spopolamento e che invece merita impegno perché non venga abbandonata dall'uomo. Magari per salvare un cervo affamato, sicuramente per tutelare un patrimonio di umanità insostituibile.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI