mercoledì 10 novembre 2021
Una biografia di san Domenico scritta da George Bernanos? A dire il vero, del libro di 210 pagine pubblicato da Iduna Edizioni (euro18) col titolo San Domenico predicatore, Bernanos ha scritto solo le 25 pagine di un saggio magniloquente e implosivo sulla vita del santo, dando quasi per scontato che il lettore sappia già tutto quello che si deve sapere sulle gesta del fondatore dell'Ordine dei predicatori: il grosso del libro, infatti, comprende la Vita di san Domenico del Beato Giordano di Sassonia (1190-1237), primo successore del fondatore dell'Ordine; lo scritto di Gerardo di Frachet (1205-1271) intitolato Del Beato Domenico; nonché I miracoli del Beato Domenico della suora Cecilia, testo desunto dalla Miscellanea Pio Paschini, 1948. Meglio così, almeno per me, perché Bernanos non è fra i miei autori del cuore: sempre a raccontare di sacerdoti in crisi, di carmelitane che fanno voto di martirio (ma una è in dubbio), il tutto secondo uno stile pretenzioso e vacuo come questo: «La santità non ha formule, o, per dir meglio, le ha tutte. Raccoglie ed esalta tutte le potenze, attua la concentrazione orizzontale delle più alte facoltà dell'uomo» (pag. 25). Concentrazione orizzontale? Chissà. Molto più interessanti i "fioretti" di Giordano di Sassonia, di Gerardo di Frachet e di suor Cecilia, che Bruno Nacci, nell'ingegnosa prefazione, paragona «al genere didascalico delle formelle edificanti che illustrano la fede del popolo nelle cattedrali gotiche». Nacci trova anche il tempo di ricordare che «per tutta la vita Bernanos fu ossessionato dall'ammirazione per la santità, dalla irrimediabile morte e dalla fedeltà all'innocenza infantile, e soffrì di attacchi di angoscia rivelatori di una condizione esistenziale tormentata e insofferente». Ma torniamo ai fioretti e alle formelle. Veniamo a sapere, per esempio, di un libro di Domenico che non brucia nelle fiamme, della resistenza del santo a una meretrice, della moltiplicazione di pani e di acqua tramutata in vino, della risurrezione di un paio di fanciulli, dei dispetti che il diavolo, in forma di scimmia o di lucertola, gli combinava; sono descritti inoltre i quattordici modi che Domenico aveva di pregare (alcuni abbastanza strani). Viene disegnato anche l'aspetto di Domenico: «Di statura media, di corporatura delicata, la faccia bella e poco rossa, i capelli e la barba leggermente rossi, belli gli occhi. Aveva le mani lunghe e belle, una grande voce bella e risonante». E non poteva mancare l'aneddoto di san Domenico che, in punto di morte, chiamò i suoi frati intorno al suo letto per confidare loro: «Fino a quest'ora la misericordia divina mi ha conservato nell'incorruzione della carne. Tuttavia, confesso di non aver evitato questa imperfezione, che cioè mi allettasse di più la conversazione delle donne giovani che il parlar con le vecchie». Oh, meravigliosa umiltà, oh, innocente candore dei santi!
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