giovedì 27 dicembre 2018
Non c'è momento più inevitabile di fine dicembre per chiedersi che cosa si possa fare il prossimo anno per sentirsi migliori. O forse anche per sentirsi e basta.
Magari imparare a chiedere scusa, desiderare meno, vivere di più, farsi meno domande, dare meno risposte, osare il giusto... Ci ho pensato a lungo ma, per quanto mi riguarda, la lista dei buoni propositi per il 2019 è più corta della lista dei buoni propositi che non sono riuscito a realizzare negli ultimi dieci anni.
Eppure, siamo affamati, direbbe Steve Jobs. Affamati di cose scintillanti, di storie di successo, di esempi che indichino una direzione di marcia. Un senso, prima ancora che un dissenso.
E allora non è difficile sognare di imparare a ballare un tango, o di vedere da vicino l'aurora boreale. Oppure, fare i fenomeni, puntare più in alto e progettare di riuscire a ballare un tango mentre sorge l'aurora boreale.
Però si possono immaginare grandi cose anche a chilometro zero. Per esempio smettere di lamentarsi, leggere un libro in più, afferrare il tempo, regalare un sorriso a chi non se lo aspetta, evitare di pretendere sempre dagli altri la risoluzione dei propri problemi. Diventare adulti, insomma, profondi ma leggeri. Il problema è che il sacco dei buoni propositi non è come quello di Babbo Natale: si rompe quasi sempre. Come l'illusione di cambiare, primo, gigantesco e universale obiettivo che quasi tutti si pongono. Ma cambiare come? Provarci per il solo gusto di farlo è da isterici. Rinunciare a provarci è da vigliacchi. In amore, sul lavoro, in tutto: cambiare è rompere gli schemi. Fa paura, spiazza gli altri, ma prima ancora destabilizza noi stessi, se la motivazione è sottile. Allora per rispondere alla domanda, per sapere cosa augurarsi dal nuovo anno, il rischio è quello di affidarsi alla retorica. E pensare che dovremmo puntare ad avere una nuova anima, una nuova spina dorsale, nuove orecchie e occhi nuovi. E vivere in rimonta perché c'è sempre un secondo tempo da giocare. Troppo facile però, scontato, zuccheroso. Servirebbe altro, di più.
Quando chiesero a Wayne Gretzky, il miglior giocatore di hockey su ghiaccio di tutti i tempi, quale fosse il segreto del suo successo, lui rispose: «Pattino sempre verso il punto dove penso che finirà il dischetto, non verso quello in cui si trova in quel momento...». Ecco, il dischetto che si muove sono i nostri desideri. Meglio inseguirli allora, guardare avanti, regalarsi un po' di ottimismo, imparare dagli innamorati: gli unici che osano ancora coniugare i verbi al futuro. Innamorarsi di qualcuno, di qualcosa, anche solo di un'idea, qualunque essa sia: questo probabilmente può bastare per dare un senso ai prossimi dodici mesi. Perché la vita è più semplice quando la si affronta con la logica di una passione: i cinici non sanno più neanche come si faccia ma molti, per quanto piegati da un anno difficile, concorderanno che la riscossa non può che partire da lì.
Se però devo scegliere una cosa sola, un solo desiderio da estrarre dalla lampada, prendendo in prestito un pensiero che ho letto da qualche parte, al nuovo anno alla fine vorrei chiedere di regalarmi il coraggio. Il coraggio di fare ogni giorno almeno una cosa di cui ho paura.
Perché la paura è ombra, uccide la mente, fa tornare indietro. Mentre il modo migliore per venirne fuori, quasi sempre è buttarsi dentro.
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